La Storia è una maestra di vita

Ha recentemente spiegato Umberto Eco che se Bush avesse letto dei buoni storici (e certamente non mancano nelle università americane) avrebbe capito perché, nell’Ottocento, inglesi e russi non erano riusciti a controllare e dominare l’Afghanistan. E non avrebbe commesso fatali errori, decretando operazioni militari senza prospettiva ed evitando inutili morti.

“La storia – ha spiegato Luciano Canfora - fa paura ai conservatori perché dà strumenti per criticare il presente”. Insomma, come diceva Cicerone, la storia può rivelarsi una preziosa maestra di vita. Ma, al netto di tirate retoriche trite e abusate, che qui non interessano, c’è di più, molto di più. Perché la storia può essere persino un’ottima medicina. E la <storioterapia>, come suggeriscono Lia Celi e Andrea Santangelo, in un bel saggio pubblicato da Utet <Mai stati meglio>, permette di guarire tutte le patologie, anche quelle più complesse.

Ma che cos’è, nello specifico, questa speciale cura? Una <terapia realizzata mediante la somministrazione mirata di nozioni ed esempi tratti dalla Storia, a fini preventivi e riabilitativi>. Capace, non di rado, di fare miracoli.

Prendete, tanto per restare in tema, la salute. Dal Trecento all’Ottocento, le malattie epidemiche costituirono il maggiore calmiere demografico: oggi in Occidente è invece il benessere egoistico. E di virale è rimasto solo il marketing. Se si passa dalle epidemie alla traumatologia, pare che un terzo delle fratture e dei traumi oggi dipenda da torture che c’infliggiamo: in particolare, le donne sanno essere piuttosto masochiste e i tacchi dodici (ma anche gli uomini, con il calcetto, non scherzano) garantiscono qualche inconveniente. Ma le “auto torture” di oggi non hanno nulla a che vedere con le torture dell’antichità (basta rileggere gli articoli pubblicati in questa rubrica). Ma <se c’è una prova evidente – spiegano Celi e Santangelo – del fatto che non siamo mai stati meglio, quanto ad abbondanza di cibo, diminuzione della fatica fisica e allungamento della vita media, è che oggi la prima causa di morte è l’infarto, un lusso che prima del 1900 pochissimi potevano permettersi: le patologie cardiovascolari sono in buona sostanza malattie del benessere>. Così come – verrebbe da aggiungere – l’obesità, che certo, pur essendo insidiosa sul piano della salute, è preferibile rispetto alla denutrizione spesso patita dai nostri antenati: in un caso, infatti, si tratta di una opzione più o meno volontaria, nell’altro di un destino ingrato a cui era difficile sfuggire.

Ma, se si cambia ambito, e si pensa che il 54 per cento di pressione fiscale non abbia eguali nella storia dell’universo, occorre ricordare che un tempo c’erano tasse, eccome! Sant’Antonio Abate fuggì nel deserto, donando ai poveri il suo patrimonio e allo stesso tempo volendo sfuggire agli infallibili esattori delle tasse. La Rivoluzione americana scoppiò a partire dalla prepotenza fiscale della madrepatria inglese. Nel III secolo i piccoli proprietari terrieri dovevano spesso vendere i loro campi per pagare le tasse al prepotente fisco della Roma imperiale.

Ma, senza andare troppo lontano nel tempo, Oscar Giannino spiegava, nei giorni scorsi su Radio24, le difficili condizioni di vita che affrontò durante l’infanzia in quartiere operaio di una grande città del nord. <Oggi – osservava – nessuno accetterebbe una simile situazione, che a noi allora pareva normale>. Ecco dunque una nuova pillola per guarire dal pessimismo della grande crisi: soltanto cinquant’anni fa, non nel Medioevo, nessuno si lamentava. Eppure si stava molto peggio di oggi. Insomma, per fare un po’ di filosofia spicciola, chi s’accontenta…

 

 

13-08-2015 | 01:58