Il cielo sopra Hammamet

Bel film “Hammamet” di Gianni Amelio, da vedere. Lo si può guardare come un film storico, considerando i toni che in questi giorni si stanno usando - tra politici e giornalisti - nel dibattito a 20 anni dalla morte dell’uomo simbolo di Mani Pulite. La vicenda è nota, la fuga di Bettino Craxi in Tunisia per sfuggire ad arresto certo e alla successiva condanna per corruzione, fine del proprio potere politico e inizio di una latitanza vissuta come fosse un esilio. Il film si concentra sugli ultimi anni di vita, lasciando fuori premesse, dettagli storici e il fulcro narrativo è il progressivo declino del corpo di Bettino (il nome Craxi non viene mai nominato). Un corpo affaticato dalla malattia, spesso sdraiato in giardino a guardare il cielo, vagante per casa zoppicante a causa del diabete che lo condanna a un supplizio tantalico di fame e sete continue a cui non sa resistere. Un corpo che passeggia spesso a vuoto in una sorta di Caprera immaginaria, dove rievoca di continuo al nipotino dal berretto rosso da garibaldino in testa, lo sbarco dei Mille (non si contano le volte in cui Bettino lo saluta alla militare chiamandolo “generale”). Un corpo che esplora di continuo gli spazi della villa come se cercasse qualcosa, con la moglie emotivamente assente, fissa davanti alla televisione accesa. Parla, rievoca, telefona in Italia, e aspetta, aspetta. Riceve visite da amici, colleghi politici, ma nessuno porta novità interessanti. A detta del suo portavoce, la Thatcher dopo le dimissioni da primo ministro non ebbe più un solo giorno sereno, e lo stesso trapela dal Bettino, che fu Craxi, del film. Non c’è più la proiezione in avanti, abbondano i racconti e i ricordi dei bei tempi che furono, i sogni notturni (marcatamente felliniani), mentre la sua figura alta, il suo carisma, i suoi toni da leader naturale si infrangono contro il nulla che li circonda. C’è un libro di Ernst Kantorowicz, un medievista del secolo scorso, “I due corpi del re”, che spiega come nella teologia politica medievale il corpo del re avesse una doppia natura: una fisica, destinata a morire fisicamente, e una immortale, su cui si fonda la sovranità dello stato e il potere di tramandarla. Per questo motivo, durante le cerimonie di esequie del sovrano defunto (ad esempio in Gran Bretagna e in Francia) veniva esposto il manichino del re, sostituto indeperibile del suo corpo fisico e simbolo dell’eternità dell’istituzione monarchica. Ecco, il film coglie questo elemento di duplicità nella vicenda Craxi, la fuga dal deperimento da comune mortale che avrebbe affrontato qualora fosse riapparso in Italia privo di ogni potere, e la possibilità di tentare la strada dell’immortalità storica, sottraendosi ad uno status e a una fine da uomo comune. La lontananza dall’Italia perlomeno lo ha salvato da questo, dalla risoluzione di queste due dimensioni, quella dell’uomo condannato in contumacia per corruzione e quella del grande statista. D’altronde ancora oggi questi sono i termini opposti su cui si discute di lui, e per un uomo come Bettino Craxi, col suo carattere, è stata sicuramente una conquista l’aver potuto intervenire sulla dimensione politica (così come sulle mitologie derivatene) della propria scomparsa dal mondo. Favino insuperabile. Perfetto nella fisicità, nei tempi verbali, nell’intonazione e nel timbro di voce, nel tono perentorio e nelle pause solenni, nelle movenze più dettagliate che erano di Craxi (sistemarsi gli occhiali usando il pollice e il medio della mano, il gesticolare col dito medio teso e il pollice congiunto all’indice). Bella la regia di Gianni Amelio, che non nasconde la simpatia umana per Craxi e non ne narra la fine con artifici eccessivamente retorici né didascalismi superflui. Verrebbe quasi da dire che avrebbe potuto farlo anche Moretti, con qualche rinuncia. Un film con vari pregi, tra cui l’aver sottratto la figura di Craxi dalla sua storia prettamente politica, isolandone il carattere della persona, suscitando così con la distanza e lo spazio necessari, le varie ipotesi su come le due sfere (i due corpi del leader) si siano – inevitabilmente - incrociate e sovrapposte.

 

 

21-01-2020 | 15:57