Cappuccetto Rosso deve morire /7

Il Commissario, che per natura e per fatti spiacevoli non sapeva più cosa fosse l’ambizione e che sapeva apprezzare ciò che aveva senza desiderare molto di più, era frastornato dal pur breve dialogo con Seppi. Non sembrava una persona cattiva o particolarmente egocentrica, anzi, sembrava che temesse un continuo oblio: era come se vivesse perennemente sotto lo scacco di un misconoscimento, costretto a ricordare sempre, a ogni minuto, anche quando il caso non lo richiedeva, la sua vita e i suoi miracoli. Probabilmente si trattava di un qualche tipo di supplizio in divenire, una valanga tantalica di obblighi che con una suadente spirale imprigionava certe persone che, almeno sulla carta, avrebbero dovuto essere potenti quanto bastava per essere libere.

Camminando per raggiungere il secondo assente si accorse di una piccola postilla che doveva aggiungere alla sua teoria sulla distanza dal mare.

Anche se molto silenziosi e beneducati, germinavano nella parte fra la reception e il centro nevralgico del Villaggio dei gruppi che univano insieme delle caratteristiche sia dei dimoranti limitrofi alla reception sia dei dirimpettai del mare: erano una mezza tinta che stava emancipandosi verso la piscina e che per molti aspetti aveva già assimilato l’habitat del bar.

Avevano l’alto tasso di coesione di coloro che desiderano ardentemente piazzarsi secondi.

Stavano scalando la montagna e semmai prima avevano desiderato cambiare il sistema, fare un percorso a loro più congeniale per il raggiungimento del benessere, ora non volevano altro che la conservazione dello status quo del sistema: avevano lo stesso desiderio di continuità che può avere proprio chi scala una montagna alta e pericolosa in una giornata propizia. Se un solo elemento fosse mutato, la loro ascesa sarebbe potuta incepparsi: una cosa inaccettabile dopo tutta la fatica consumata, dopo tutti i sacrifici fatti, dopo tutti i bocconi amari ingoiati, le umiliazioni, le preoccupazioni, le domeniche annullate...

Il Commissario temeva un po’ quel tipo di persone: in ogni percorso c’è un punto in cui è più conveniente andare avanti comunque che non tornare indietro o fermarsi, andare avanti qualsiasi cosa accada, è un vero e proprio punto di non ritorno, e se è vero che siamo tutti potenziali criminali, chi ha superato il punto di non ritorno ha anche una giustificazione d’acciaio davanti a se stesso per commettere qualunque azione pur di arrivare alla meta. I criminali che si autogiustificano sono i peggiori, perché oltre a non avere scrupoli non hanno neanche rimorsi.

Sergio Pileggi, il secondo assente, stava nella verandina del suo appartamento. Il Commissario lo aveva adocchiato da lontano e, avvicinandosi con passo da tartaruga, l’aveva visto a poco a poco ingigantirsi, come uno zoom. All’inizio la figura somigliava a una S, per com’era poggiata sulla poltrona di vimini. Poi aveva iniziato a riempirsi di particolari, come la flessione molle del polso o la posizione esanime delle gambe. Quindi, con l’aumentare della vicinanza, si palesarono i dettagli: la bocca ritorta in un semidisgusto, come se tutto fosse troppo faticoso per essere fatto, o gli occhi corrucciati nello sforzo di rispondere forse a un enigma che non sembrava dargli scampo o le dita con le unghie lunghette da chitarrista avvinte alla sigaretta.

Fumava con aria pigra, quasi con strafottenza. L’impressione che ne trasse il Commissario fu quella di un uomo ormai privo di desideri, forse addirittura un cinico, qualcuno che forse nel passato aveva saputo dare ad altri perfino dell’ispirazione e che adesso – forse triturato dal suo stesso entusiasmo – era finito a non saper più ispirare nemmeno se stesso. Il Commissario ne aveva visti molti di questi individui e sapeva anche dove si annidavano: principalmente affollavano interi piani di università e case editrici e redazioni giornalistiche.

Si arrestò davanti a lui e, prima di presentarsi, quello disse:

«È per quel poveraccio?».

«Se intende Marco Lagri, sì».

«Come posso aiutarla?».

A stento gli occhi di Pileggi incrociavano l’aria attorno al Commissario: erano piuttosto impegnati, invece, a descrivere circonvoluzioni complesse attorno a certe fronde particolarmente vivaci degli alberi di fronte o a concentrarsi sul volo di gabbiani rumorosi o sull’intreccio delle fughe fra una lapide e l’altra del lastricato. Il Commissario pensò che da giovane doveva essere stato molto bello, visto che aveva conservato una certa aria da ragazzo invecchiato.

«Potrebbe dirmi se ricorda qualcosa di ieri sera, qualcosa di particolare o d’insolito, o anche solo qualcosa che le è rimasto impresso? E vorrei anche sapere il motivo per cui si è assentato dall’anfiteatro all’incirca fra le 23.00 e le 23.45».

Sergio Pileggi, quasi senza scomporsi, gli spiegò di essersi dovuto assentare dall’anfiteatro a causa di un attacco di diarrea, di non ricordarsi nulla del giorno prima e di non avere che una vaga conoscenza di Lagri, del Villaggio e di quasi tutti i suoi inquilini. Il Commissario lo guardò per un paio di secondi: cercare di mettere in difficoltà qualcuno che se ne frega di tutto è quasi impossibile, a meno che non lo si vada a toccare proprio nella sua preziosa indifferenza, strappandovelo con la forza. Però, anche se gli avesse fatto duecento domande non avrebbe ricavato nulla: avrebbe risposto vagamente, da amnesico, e se si fosse contraddetto se ne sarebbe uscito con frasi come “Sì, mi sono contraddetto, e allora?”. No, in quel momento non sarebbe servito a nulla, anche perché non aveva nessuna motivazione per costringerlo a parlare più di così. Si disse che insistere con quella persona, in quel momento, senza avere nessuna argomentazione valida e solida per le mani, sarebbe stato forse addirittura cretino: la cosa gli scivolava addosso come acqua su un vetro. Ma, allo stesso tempo, sapeva che avrebbe dovuto avere solo pazienza e forse l’utilità di Pileggi si sarebbe rivelata da sé.

Quello finì la sigaretta e la lasciò scivolare dalle dita direttamente per terra, vicino alla poltrona, dove già c’erano altre macchie color avorio di altre cicche spentesi lentamente sulle mattonelle. Il Commissario decise di mollarlo, e non solo perché razionalmente convinto, ma anche inconsciamente contaminato dall’indolenza di Pileggi. Si ripromise di trovare qualche notizia su di lui: non voleva farsi preconcetti, ma quello gli sembrava proprio l’uomo che avrebbe potuto uccidere anche per qualcosa d’insignificante.

«Se dovesse ricordare qualche dettaglio mi troverà nel Villaggio. Comunque le devo chiedere di non allontanarsi senza comunicarmelo».

«Non si preoccupi: da qui non mi muovo» e si accese una nuova sigaretta. (continua)

 

 

27-04-2015 | 16:34