Leonardo da Vinci e da Bisanzio
Istanbul ha un nuovo ponte che attraversa il Corno d'oro, il braccio di mare che separa la penisola dell'antica Costantinopoli dai quartieri – Galata e Pera – di più recente sviluppo. E' stato inaugurato il 15 febbraio: una struttura in acciaio strallato di 387 metri su due piloni e cavi di ancoraggio a vista su cui transita l'altrettanto nuova metropolitana, con un ulteriore tratto girevole di 120 metri per consentire il passaggio di grandi imbarcazioni (foto sotto). Il progetto è elegante e geniale: fermata direttamente sul ponte, piazzole per opportunità fotografiche, camminamenti pedonali per l'attraversamento autonomo. I turisti lo trasformeranno in attrazione; e durante i lavori per il viadotto di approccio – sulla riva, ad Azapkapı – sono riemerse abitazioni romane con pavimento in mosaico (oltre a monili e oggetti d'uso quotidiano) e la cinta muraria della colonia genovese di Galata.
L'architetto che lo ha disegnato, Hakan Kıran, vorrebbe ripetere l'esperienza e dare forma concreta a un altro ponte – più piccolo, solo pedonale, principalmente decorativo, in vetro e legno – all'estremità opposta del Corno d'oro: il ponte di Leonardo, che non è mai stato a Istanbul ma ha cercato di lasciare un segno. Il progetto è originale, certificato: inviato nel 1502 al sultano Bayezid II, probabilmente rifiutato o comunque rimasto sulla pergamena, scoperto negli anni '50 negli archivi del palazzo imperiale di Topkapı. Già in Norvegia, l'artista Vebjørn Sand lo ha realizzato integralmente in legno: e vorrebbe produrre gemelli in ogni continente; nel frattempo, il “ponte di Leonardo” è diventato un'opera: scritta dal compositore americano Daniel Nazareth – utilizzando anche un brano musicale di Leonardo – e ambientata alla corte ottomana, un “inno alla pace e all'armonia tra le genti” in attesa della prima rappresentazione.
Il legame tra Istanbul e Michelangelo – tra l'islam e il Rinascimento italiano – è però ancora più diretto. Negli archivi ottomani rimangono infatti tracce evidenti del suo passaggio: lo schizzo di un ponte, l'inventario di pochi e umili oggetti abbandonati dopo una fulminea partenza; e poi abbiamo delle lettere e i rilievi di Santa Sofia inviati al Sangallo, custoditi a Firenze e in Vaticano. Il rivale di Leonardo venne invitato direttamente da Bayezid II: per progettare lo stesso ponte sul Corno d'oro, per sovrintendere di persona ai lavori (mai iniziati, o comunque mai portati a termine). Un episodio autentico e dimenticato, che lo scrittore francese Mathias Enard ha trasformato in un'incantevole e premiata novella: Parle-leurs de batailles, de rois et d'éléphants, pubblicato nel 2010 da Actes Sud. Enard immagina tutto il resto: lo sbarco del già celebre scultore il 13 maggio 1506, la comunità levantina e la corte fastosa, un sultano pio e giusto, l'esotismo e la voluttà, il tradimento e il complotto. Enard immagina che Michelangelo è riuscito a sedurre il sultano, che i lavori sono effettivamente cominciati e sono proseguiti dopo la partenza del maestro, che il terremoto (questo reale) del 1509 li ha interrotti per sempre spazzandone via le arcate in divenire: le arcate di “un ponte empio, opera di un infedele” per chi – per motivi più politici che religiosi – ha voluto risolutamente ostacolare Michelangelo. Enard soprattutto immagina che Istanbul ne ha trasformato lo sguardo, ne ha “impregnato il lavoro per il resto della sua vita”: San Pietro da Hagia Sofia e dalla moschea di Bayezid, la Laurenziana dalla biblioteca del sultano, le sue sculture dai personaggi di Istanbul. Cupole, ponti, legami insospettati.