La perversione di Lucrezia Borgia
Tra realtà e leggenda, la figura di Lucrezia Borgia è una delle più affascinanti che il Rinascimento ci abbia lasciato. Unica figlia femmina di Rodrigo Borgia e dell’amante Vannozza Cattanei, nasce già sotto il segno del peccato e conosce bambina le amarezze del sesso. Si dice vittima più volte di abusi da parte del padre e del fratello Cesare, suo amante, suo mentore, sua dannazione. E non è facile sottrarsi all’attrazione perversa del lusso, della vita “facile”, della spregiudicatezza di corte, quando si ha un padre come Rodrigo che spende le proprie giornate tra feste e banchetti, all’insegna dell’eccesso e del vizio. Si innamora di Vannozza Cattanei per la sua bellezza e, quando resta incinta, la fa sposare a un certo Domenico Arignano, per offrirle una vita dignitosa, da donna honorata. Lucrezia, a differenza dei suoi fratelli, va educata all’ambiente raffinato della corte, va cresciuta come una damigella di un certo rango, perché possa aspirare a un matrimonio conveniente.
Per suo padre è un’ottima dote da offrire a giovani rampolli di casate bene, con le quali intrattenere proficui rapporti politici. Quattordicenne, la troviamo raffigurata dal Pinturicchio come santa Caterina d’Alessandria, nella Disputa della santa con i filosofi, sotto lo sguardo vigile di suo fratello Juan vestito all’orientale in groppa a un cavallo. Ma Lucrezia sarà tutt’altro, non disdegnerà di assistere alle parate di eccessi di suo padre e di suo fratello Cesare, di godersi gli spettacoli osceni della loro vita a “luci rosse” e non si farà scrupoli a baciare pubblicamente Cesare. Amerà gli abiti scollati e accosterà all’amore fedele di moglie quello intenso e fugace di amante. A soli tredici anni va in sposa a Giovanni Sforza, un matrimonio di convenienza dettato dal desiderio paterno di unirsi alla potente famiglia milanese. La festa di nozze si svolge in un clima di grande sfarzo. Vi partecipano tutte le nobildonne romane, i notabili capitolini, dodici cardinali, oltre ai fratelli di Lucrezia e naturalmente suo padre, divenuto papa nel 1492 con il nome di Alessandro VI. Questo non ha infiochito la sua passione per la libido, se è vero quel che si racconta: «Il papa presenta cinquanta coppe d’argento piene di confetti, che in segno di grande letizia vengono versati nel seno di molte donne». La sposa bambina assiste alle oscenità paterne.
E come ci si può aspettare da lei che il suo divenire donna non si accompagni a qualche eccesso, a una visione deviata dell’amore e del sesso? Scriveva Evagrio Pontico: “La lussuria è concepire un’idea di voracità, rammollimento del cuore, una fornace di calori, lusinga degli occhi, impudenza dello sguardo, disonore della preghiera, vergogna del cuore”. Eppure Lucrezia ama. Ama nel modo vulnerabile e dolcissimo di una donna. Ama con crudeltà però, ricorrendo spesso anche alla violenza contro le amanti di suo fratello. Sarà proprio il primo marito ad alimentare la leggenda del legame incestuoso tra Lucrezia e Cesare. Quando Rodrigo Borgia, animato da altre mire politiche, farà in modo di ottenere l’annullamento del matrimonio di sua figlia, Giovanni non disdegnerà di diffondere la clamorosa verità sugli amori proibiti della sua sposa. Per sfuggire ai pettegolezzi sul proprio conto, Lucrezia si rifugia nel convento di san Sisto. Nonostante l’atteggiamento sfrontato e sicuro, Lucrezia è una donna fragile, vulnerabile, costretta spesso a subire i destini che gli uomini della sua vita le impongono. È una donna che ha voglia di amare e di sentirsi ricambiare e la quiete del convento le offre un’occasione propizia: l’incontro con il messaggero paterno Pedro Calderon, detto Perotto, un uomo di umili origini ma che appare sinceramente innamorato di lei. I due vivono un rapporto intenso e segreto, almeno fino a quando Lucrezia non resta incinta. Uno degli episodi più dolorosi nella vita della donna: il bambino nasce deforme e viene dato per morto. Perotto viene arrestato e imprigionato, ma riesce a liberarsi e a portare con sé il bambino fino ad Agnadello, dove i suoi confratelli (l’uomo è in gran segreto membro dell’Ordine degli Assassini) custodiscono la Sindone dagli incredibili poteri taumaturgici. Il piccolo guarisce ma viene poi sottratto alla madre e allevato dal fratello Cesare.
Siamo nel febbraio del 1498 e il piccolo è l’anonimo “Infans Romanus” citato dal papa nella bolla Illegitime Genitus, documento che lo dichiara figlio naturale di Cesare. Tesi ritrattata nella successiva bolla Spes Futurae con la quale invece Alessandro VI considera il figlio suo. Entrambi i documenti attesterebbero in ogni caso la frequenza di rapporti incestuosi tra i tre. Gli sforzi di Perotto per salvare la vita al bambino gli costano la vita, Cesare non si fa scrupoli a toglierlo di mezzo ricorrendo al suo fedele sicario Micheletto e infliggendogli lui stesso un colpo ferale al volto. Il cadavere del poveretto, ritrovato nel Tevere insieme a quello di una damigella di Lucrezia, Pantasilea, vale come monito: chi si avvicina alla bella Borgia corre gravi pericoli. E lo stesso destino tocca in sorte anche al secondo marito di Lucrezia, Alfonso d’Aragona, duca di Bisceglie. È il 1500 e Cesare è ormai meglio noto come il Valentino, politico astuto e spregiudicato. Nella Sala delle Sibille, all’interno del Palazzo Apostolico dove Alfonso alloggia da circa un mese, Lucrezia in lacrime accompagna il marito esangue. E nonostante la donna sembri disperata alla vista di Alfonso morente, il perverso legame con suo fratello continua. È per far dispetto a Cesare infatti che Lucrezia si rinfranca dalla vedovanza intrattenendo una serie di relazioni fugaci con uomini più o meno raccomandabili, compreso un attore, Pietro Rossi.
Cosa si nasconda davvero dietro il legame tra il Valentino e sua sorella è cosa ancora poco chiara. Lei si strugge per lui, talvolta lo odia, talvolta lo ama con trasporto. Si racconta che Lucrezia, colta da smarrimento, abbia chiesto a Cesare cosa provasse nel cuore per lei e, alla fredda risposta di lui che le dichiara di amarla come si ama una sorella, gli abbia sputato in faccia. È sempre lui poi a organizzare il suo terzo matrimonio, con Alfonso d’Este. Feste, balli e un clima carnascialesco nel quale affogare il sangue versato. Le celebrazioni vanno avanti per tre mesi e hanno inizio la sera del 31 ottobre 1501, nelle stanze del Valentino. Il Burcardo dice: «Un banchetto al quale prendono parte cinquanta meretrici oneste, quelle dette cortigiane. Finito di cenare ecco le cortigiane danzare con i servitori e altre persone che si trovano lì; da principio vestite, poi nude. Sempre dopo cena vengono posati in terra i candelabri con le candele accese che illuminano la mensa; dove vengono sparse delle castagne che le meretrici, nude, raccolgono strisciando fra i candelabri sulle mani. Tutto alla presenza e sotto lo sguardo del papa, del duca e di sua sorella Lucrezia».
Lussuria, perversione, vizio, voracità di sentimenti, ma spesso anche profonda solitudine. La vita di Lucrezia sembra segnata da quest’ossimoro continuo. E se il pittore Hieronymus Bosch ha raffigurato la lussuria come un’arpa dimenticata dagli amanti, al centro della scena, è così che ci pare di immaginare Lucrezia negli ultimi anni della sua vita, una fine nella quale la donna ha cercato forse di rinfrancarsi dal delirio della giovinezza. Una vita dedita alla meditazione religiosa e alla penitenza, un rinchiudersi nel suo bozzolo alla ricerca di altro che fosse lontano dalla fugacità terrena. “Sono di Dio per sempre” sarebbero state le ultime parole di Lucrezia. E la sua leggenda è consegnata alla storia.