Il museo del romanzo di Pamuk

Un romanzo, un museo, un catalogo, un'audioguida con la voce dell'autore (in inglese e in turco). Il “Museo dell'innocenza” di Orhan Pamuk, premio Nobel per la letteratura nel 2006, è tutto questo: un progetto che incarna le parole, che eternizza gli oggetti, che crea un corto circuito creativo tra realtà e finzione. Il romanzo è uscito in Turchia nel 2008, il museo ha aperto a Istanbul nell'aprile del 2012, il catalogo – L'innocenza degli oggetti, nella traduzione italiana – è stato pubblicato qualche mese dopo, le audioguide sono state attivate nel 2013. La sede è una vecchia casa ottomana del XIX secolo a Çukurcuma, quartiere di stradine, scale e sampietrini che scende da Pera e Galatasaray verso il Bosforo: nel 1998 – quando Pamuk acquistò l’abitazione di tre smilzi piani per tutta una famiglia – era ancora povero e scalcinato, oggi è il paradiso di antiquari e di amanti del brunch domenicale.

Il museo ha preso un colore rosso intenso: l’unico segno distintivo all’esterno di una dimora agiata ma non lussuosa, che passa quasi inosservata (ma i cartelli stradali che lo indicano sono numerosi). L'idea di Pamuk: un romanzo e un museo in piena simbiosi, un museo nel romanzo – il collezionismo sfrenato e feticista di Kemal, il protagonista – e un romanzo che prende vita dal museo, finemente aggrovigliati l’uno nell’altro: tutti e due parlano dell'avvincente e tormentata storia d’amore tra Kemal e Füsun sullo sfondo della Istanbul degli anni '70 e '80, del modo di vivere e comunicare i loro sentimenti e le loro pulsioni, “di come ci comportiamo quando ci innamoriamo”. Il progetto era all'inizio diverso: costruire un museo della vita quotidiana a Istanbul e scriverne simultaneamente il catalogo, le cui note esplicative avrebbero preso fattezze narrative trasmutandosi in vero e proprio romanzo. Romanzo e catalogo, comunque complementari, hanno poi visto la luce separatamente. Lo scrittore lo ha definito un “city museum”: un museo della città più che civico, un museo sentimentale e nostalgico, un museo umile e privo di monumentalità, un museo di persone più che di grandi ideologie nazionali, un museo della storia presente e della quotidianità più che del passato glorioso o del futuro radioso. 

È un piccolo, concentrato e raffinatissimo “gabinetto di curiosità”: ispirato alle collezioni rinascimentali di oggetti che rappresentavano il sapere scientifico dell’epoca, dalle scienze naturali all’archeologia; un gabinetto raccolto e maniacalmente curato, in cui sono esposte “vetrine di curiosità”: con cimeli vari, bicchieri, posate, saliere, vestiti, foto, cartoline, biglietti della lotteria, orecchini, scatole di fiammiferi, lampade, una mappa, un poster anatomico, modellini di treni e di navi, documentari del Bosforo per un tocco di post-modernità. Ogni vetrina è uno scrigno e un’opera d’arte disegnata e ordinata dallo scrittore/artista in persona, il catalogo segue passo passo il processo creativo; gli oggetti riproducono o rievocano quelli che nel romanzo Kemal raccoglie dopo la morte della sua amata Füsun, a imperitura memoria. Tutto scovato da Pamuk: nei mercatini di quartiere, a casa di amici e parenti, con l’aiuto di professionisti e a volte di lettori (alcuni pezzi sono stati appositamente creati per il museo).

La luce è soffusa, l’atmosfera sacrale e di rispettoso raccoglimento; gli oggetti dialogano con gli altri oggetti e le vetrine con le altre vetrine: il risultato è un orgia di sovrabbondanti sensazioni e di informazioni, che nel terzo e ultimo piano lascia il posto alla quiete della stanza da letto di Kemal inondata finalmente di luce, a una collezione di tutte le edizioni straniere del libro, a una selezione di disegni preparatori per le vetrine e di pagine manoscritte del romanzo accompagnate dalle cartucce vuote della penna stilografica utilizzata per scriverle. Per complemento di simbiotica interattività: in una pagina del romanzo c'è stampato un biglietto per il museo, presentando il volume alla cassa si ha diritto all'ingresso gratuito.

13-01-2014 | 13:55