Cappuccetto Rosso deve morire /1

Elenco dei personaggi

Marco Lagri, Manager trovato morto

Commissario, Funzionario di polizia incaricato di indagare sulla morte di Marco Lagri

Ispettore, Funzionario di polizia che assiste il Commissario

Giovanni Labile, Manager che aiuta il Commissario

Roberto Seppi, Manager, senza alibi al momento della morte di Lagri

Sergio Pileggi, Manager, senza alibi al momento della morte di Lagri

Aulo Gellio Marinaro, Medico, senza alibi al momento della morte di Lagri 

Roberta Giano, Medico, senza alibi al momento della morte di Lagri

Alberto Russo, Manager, senza alibi al momento della morte di Lagri

Riccardo Maugeri, Medico, senza alibi al momento della morte di Lagri

Mario Antico, Barone universitario a capo di un prestigioso programma di ricerca

Piero Gaumeri, Manager amico di Giovanni Labile

Ernesto Soddi, Manager amico di Giovanni Labile

 

1. 
Lineamenti di un omicidio

10.00
«Si può?». La donna di servizio bussò alla porta di pvc verde: nessuno le rispose. Tirò fuori la scheda, la fece scivolare nella fessura, la lucina verde scattò e la serratura si aprì. Spalancò la porta e urlò.
Il grido richiamò la sua collega, che stava sistemando il bungalow accanto, ed entrambe rimasero impietrite osservando il corpo riverso sul pavimento immerso nel sangue. A fianco una boccetta di barbiturici bianca spiccava nel rosso. Nella stanza c’era il disordine di quella che nei rapporti viene chiamata “aspra colluttazione”.

11.00
Quando il Commissario arrivò al Villaggio fu il Direttore stesso ad accompagnarlo alla stanza. Non aveva l’aria del poliziotto quel tipo, pensò il Direttore. Gli sembrava più un professore in pensione: aveva un’aria rilassata, senza lo sguardo dritto e calcificato che hanno le forze dell’ordine, era ondivago.
Mentre faceva strada, i due poliziotti rimanevano qualche passo indietro a parlottare.
«Ti ho mai raccontato quella dei “fumi cadaverici”?».
«No, dottore, non mi pare».
«Peccato, perché non è niente male. Allora: siamo stati chiamati al cimitero perché l’affossatore era morto...» iniziò a raccontare.
Sentendo voci, il Direttore pensò che stessero parlando con lui, ma accortosi che così non era ne approfittò per dare un’ulteriore occhiata al Commissario.
Indossava un completo color canna da zucchero e un cappello di paglia bianco. All’angolo della bocca pendeva un sigaro e per accenderselo aveva usato dei fiammiferi da cucina. Con un grande fazzoletto bianco si asciugava il sudore e, a prima vista, il caldo doveva avergli rallentato ogni attività cardiaca e prosciugato la pazienza.
«... così, il medico legale, ha stabilito che era morto per le esalazioni cadaveriche. Unite alle polveri tossiche del cemento del loculo, alla disidratazione e ovviamente allo stare in piena estate sotto il sole a due metri sotto terra».
«Incredibile» commentò l’Ispettore, con un leggero sospetto di canzonatura.

Al Commissario non dispiaceva il tono del suo sottoposto, che era familiare senza forzature. Non come il fastidioso tono di complicità che adottavano certi viscidi che poi avevano puntualmente qualche favore da chiedergli. Non appena sentiva quell’inflessione nel tono di voce del suo interlocutore, subito s’irrigidiva e diventava freddo e distaccato, persino sprezzante a volte. E più l’altro giocava a fare il compagnone, più il Commissario si inacidiva. Col passare del tempo questa reazione era stata interpretata da molte persone come una forma di altezzosità, di snobismo. Del resto, la nomea dello snob già ce l’aveva: era l’unico ad avere due lauree in commissariato, per cui, ogni volta che si lamentava che là dentro le cose non andavano come dovevano, la maggior parte dei suoi colleghi faceva spallucce come a dire “paturnie da primadonna” o “abbiamo capito che sei un intellettuale, ma non hai capito come vanno le cose nella realtà”. Un atteggiamento che lo faceva incattivire ancor di più, fino a fargli dire cose come «E lo chiedete a me? Sono l’unico con due lauree qui: io non so niente». L’Ispettore era uno dei pochi con cui era perfettamente in sintonia.
«Eccoci qui» fece il Direttore indicando una porta verde sotto un patio. Il tono era seccato, probabilmente per il fatto che non gli avevano rivolto per nulla la parola.
Purtroppo il Direttore non era una persona dalla pronta e sottile intelligenza, altrimenti si sarebbe accorto che tante cose in quell’uomo erano un vezzo necessario, anche l’espressione disgustata che aveva dipinta in volto.
All’arrivo, infatti, era stato accolto dal fetore di un gregge che a un mezzo chilometro di distanza doveva aver dato libero sfogo a una serie di turbe intestinali. Il Commissario si era risentito, l’Ispettore invece non aveva dato nessun segno di fastidio. Nemmeno quando le scarpe gli si erano impolverate percorrendo la piccola discesa sterrata dalla strada al vialetto del Villaggio si era lamentato. Stava pensando “Il problema della natura è che puzza!”: a lui la vita bucolica sembrava fondamentalmente un castigo. Così, dopo aver scacciato l’ennesimo insetto dalle immediate vicinanze della propria faccia, entrò nella stanza. (continua)

 

 

09-04-2015 | 16:28