Vittorio Gassman Vs Carmelo Bene

Cosa avevano in comune l'Attore Italiano per eccellenza - Vittorio Gassman - e il più grande Eretico del nostro teatro - Carmelo Bene? Anche se all'apparenza potevano sembrare totalmente diversi e contrapposti, tra loro due c'era una "vicinanza a distanza" della quale è bello e interessante parlare.

Cominciamo innanzitutto dalle loro date di nascita. Il Caso, o chi per lui, li fece nascere nello stesso giorno alla stessa ora (il primo settembre alle 19.45), anche se a 15 anni di distanza (Gassman nel 1922, Bene nel 1937). Ad accomunarli c'erano anche la forte devozione nei confronti della Sacra Trimurti dei vizi - il Bacco-Tabacco-e-Venere della famigerata filastrocca -, il feeling con lo sport, che Gassman in gioventù praticò a livelli agonistici (fu nazionale universitario di basket) e Bene amò in molte delle sue declinazioni, e pure le maschere che indossavano quotidianamente per dissimulare le loro insicurezze e le loro fragilità (una maschera rodomontesca nel caso di Gassman, una provocatoria in quello di Bene).

Il primo incontro "a distanza" tra i due avvenne nel 1952 o giù di lì, quando la tournée di uno spettacolo di Gassman, che all'epoca era un giovane e molto aitante attore che già faceva parlare di sé, fece tappa in un teatro di Lecce: quella sera tra il pubblico c'era un adolescente salentino timido e gracile, che proprio in quegli anni giocava a interpretare i personaggi del Giulio Cesare di Shakespeare davanti allo specchio avvolgendosi in lenzuoli bianchi, e provava e riprovava gli esercizi di dizione con l'aiuto di un piccolo registratore; anni dopo quell'adolescente sarebbe diventato un protagonista assoluto del teatro italiano, e a quanto pare il merito fu proprio di Gassman, come confermano queste parole dello stesso Bene: «Lo vidi la prima volta a Lecce che avevo quindici anni. Fu allora che decisi di darmi al teatro. Era l'unico a interessarmi con la sua presenza debordante. Aveva l'audacia di nitrire nella parte di Oreste. Un giorno recitava da Oreste, l'altro da Ornifle, personaggio di Anouilh dove giocava da attore brillante e fatuo ben prima dei suoi caratteri cinematografici. Vittorio nasce già con questo doppio registro, il tragico e il brillante, che certa miope critica gli affibbia invece venti anni dopo farneticando di 'talento proteiforme'. E non capendo che in Vittorio il tragico e il brillante erano da sempre la stessa cosa, l'uno la parodia dell'altro. La sua consapevole inattendibilità da Oreste o Amleto era di gran lunga più esilarante di qualsiasi macchietta da Soliti ignoti o Brancaleone».

Nel corso delle loro carriere lavorarono insieme solo una volta, nel film di Franco Indovina Lo scatenato, uscito nel 1967: una brevissima scena nella quale Gassman, nel tentativo di schiacciare una mosca che lo tormenta nel bel mezzo di un parcheggio, schiaffeggia involontariamente un giovane sacerdote (Bene) appena sceso dall'auto, che reagisce poi ai forsennati tentativi da parte di Gassman di chiedere scusa ripetendo ossessivamente la parola «Perché??»; la scena si conclude con Gassman che fugge via e Bene che ringrazia una donna che gli ha raccolto il cappello dicendole «Figlia mia perché?? Grazie!». Una piccola chicca di comicità stralunata, l'unico momento nel quale la loro vicinanza a distanza si trasformò in una vicinanza lavorativa.

Nel suo libro Elogio di Carmelo Bene a dieci anni dalla scomparsa (Tullio Pironti Editore) Giancarlo Dotto, che fu per molti anni strettissimo collaboratore di Bene, dedica al rapporto tra CB e Gassman un intero capitolo, nel quale spiega che quei due «avevano un modo tutto loro di amarsi, molto pudico e spesso travestito da ostilità. Ma si amavano, eccome. Anche e soprattutto quando s'incrociavano e s'incalzavano nelle osterie in giro per l'Italia».

Dotto scrive inoltre che Bene da giovane «spiava puntiglioso» Gassman, perché «Aveva capito che era lui il modello da smontare e fare a pezzi. Era il suo atto d'amore, demolirlo». L'ostilità "fasulla" tra i due alla quale fa riferimento Dotto toccò il suo zenit nel gennaio 1984, in occasione di un seminario tenuto da Bene al Teatro Argentina di Roma: durante il seminario Gassman prese la parola e apostrofò duramente Bene, colpevole a quanto pare di aver trattato male suo figlio e altri giovani attori che erano andati a salutarlo in camerino dopo uno spettacolo. La tenzone tra i due oscillò tra il piano personale e quello professionale: Gassman sfidò Bene a spiegare cos'è un anacoluto, dal canto suo Bene propose a Gassman una "disfida poetica" consistente nel recitare a turno Le ricordanze di Giacomo Leopardi di fronte al pubblico dell'Argentina, che avrebbe dovuto poi stabilire chi dei due fosse stato il più bravo (la disfida non ebbe mai luogo, e Bene fornì a Gassman e a tutti gli altri presenti la sua spiegazione del concetto di anacoluto).

Ma, al di là delle schermaglie vere o presunte, cosa pensava il Gassman-attore del Bene-attore? Lo spiegò lui stesso nel libro Intervista sul teatro (Laterza), a cura di Luciano Lucignani, uscito nel 1982: «Bene ha certamente seguito una strada tutta sua, una scelta di prima mano, non mediata da esperienze altrui, oppure da altre epoche, non ha rimasticato futurismo, dadaismo, espressionismo, Artaud, Brecht ecc. Ed è uno che credo oggi si trovi a mal partito, perché è un enorme bugiardo con un fondo di totale sincerità. Alcune delle sue intuizioni, anche se non lo confesserà mai, nemmeno a sé stesso, sono autentiche. Quasi sempre opinabili, invece, i suoi enunciati teorici. Cito un particolare. Sul piano tecnico lui insiste sempre, nella sua elegante automagnificazione, sul dominio della tonalità, sulla estrema varietà dei suoi toni. Ed è una bugia. Perché Carmelo Bene è un attore estremamente ricco di timbri, ma al tempo stesso uno dei più monotoni che siano mai esistiti, proprio nel senso etimologico del termine. E la bellezza della sua dizione sta appunto in questa ripetizione maniacale dello stesso tono».

In seguito, Gassman sarebbe tornato a parlare di Bene nel 1998, in un'intervista rilasciata a La Repubblica: «Rispetto la ricerca storica di Carmelo Bene. Rimane il nostro maggior rivoluzionario. Ci riconosciamo, da lontano. Io attore, lui non-attore. Un'algebra. Peccato che ora sia un po' stanco». Si avvicinarono un'altra volta, forse l'ultima, nel 2000, al Teatro Olimpico di Roma, in occasione di uno degli ultimi spettacoli di Bene; quella sera tra il pubblico c'era anche Dotto, che nel suo libro racconta: «Lo spettacolo è appena finito. Davanti a me, una lunga ombra spiovente. Sembra un lampione curvo dentro un cappotto enorme, in piedi che applaude, al buio. Era Vittorio Gassman. Non la vedevo ma la sentivo, al buio, la sua commozione. L'applauso più esaltante e commovente che Carmelo avrebbe mai potuto desiderare».

Poco tempo dopo Gassman morì, e Bene volle ricordarlo affidando al quotidiano Il Messaggero il suo personale omaggio al Mattatore: «Mi fa piacere che sia morto. E so che il sentirmelo dire lo avrebbe messo di buonumore. Quella di Vittorio è la storia di un sempreverde che non aveva mai accettato l’indecenza d’invecchiare. Era morto da almeno 20 anni: alla prima ruga. Chi lo amava rimpiangeva l’attor giovane e aitante. E lui era il primo a rimpiangersi».

 

 

13-03-2015 | 16:38