Un Carmelo di meno

 “La raggruppabilità tematica, stilistica, poetica, ideologica degli autori in famiglie, tendenze, scuole, cooperative, che ci consente di operare un taglio netto tra produzione commerciale e produzione sperimentale, porta, alla fine d’ulteriori suddivisioni e ripartizioni, a riconoscere che i conti non tornano perfettamente. Rimane sempre fuori, quasi in uno spazio di nessuno, Carmelo Bene”.

Questa citazione tratta dalla Storia del cinema italiano di Gian Piero Brunetta fa capire in modo lampante la caratteristica principale dell'esperienza cinematografica di Carmelo Bene, la sua "inclassificabilità": i film ideati, diretti e interpretati da Bene, amati dai critici (non da tutti) e praticamente ignorati dal pubblico, costituiscono una specie di capitolo a parte nella storia della cinematografia italiana, che merita di essere conosciuto e approfondito.

Il primo contatto diretto tra Bene e il cinema avvenne nel 1967, quando Pier Paolo Pasolini gli chiese di interpretare un piccolo ruolo nel suo Edipo re: a quell'epoca Bene era un protagonista in ascesa del teatro "off" italiano che proponeva nelle cosiddette "cantine" romane degli spettacoli carichi di provocatoria e sovversiva iconoclastia, e la sua attività teatrale era seguita e apprezzata da grandi esponenti della cultura italiana (Ennio Flaiano, Alberto Moravia, Elsa Morante, Eduardo De Filippo, Sandro Penna e il già citato Pasolini).

Poco dopo la fine delle riprese di Edipo re realizzò il mediometraggio Hermitage, che lui stesso avrebbe poi definito una “prova di obiettivi”, una specie di prova generale in vista del suo primo lungometraggio, quel Nostra Signora dei Turchi (tratto dal suo romanzo omonimo, video sotto) che nel settembre del 1968 fu presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, dove vinse a sorpresa il Premio Speciale della Giuria; prese così il via la sua "parentesi cinematografica", che sarebbe durata fino al 1973 e avrebbe prodotto cinque lungometraggi: oltre a Nostra Signora dei Turchi, Capricci (1969), Don Giovanni (1970), Salomè (1972) e Un Amleto di meno (1973).

Di fronte ai film di Bene la critica si divise tra recensioni positive e feroci stroncature, mentre il pubblico li rifiutò in blocco (in alcuni casi il malcontento degli spettatori sfociò addirittura in atti di vandalismo nei cinema). Ma perché i film di Carmelo Bene provocavano reazioni così forti e contrastanti?

L'idea carmelobeniana di cinema si basa su una profonda avversione per il cinema "narrativo", cioè tutto quel cinema che si limita "banalmente" a raccontare storie, di qualunque tipo esse siano; per Carmelo Bene il cinema non deve limitarsi a riprodurre e descrivere la realtà, deve farsi esso stesso "produttore" di realtà. Per raggiungere tale scopo, nei suoi film Bene rinuncia a tutte o quasi le normali convenzioni narrative e stilistiche e propone un linguaggio cinematografico fatto di scelte estetiche ed espressive molto spesso eccessive e disturbanti, che letteralmente "aggrediscono" lo spettatore: quello di Bene è un cinema volutamente destabilizzante, sgradevole e a volte poco tollerabile, che sottopone lo spettatore a un tourbillon di sensazioni e immagini spiazzanti (tanto per fare un paio di esempi, la terribile scena dell'autocrocifissione presente in Salomè e le circa quattromila inquadrature - distribuite su una durata di appena 75 minuti - di Don Giovanni, che conferiscono a questo film un ritmo a dir poco "ubriacante").

Ma il cinema di Carmelo Bene non si riduce solo a questo, alla sua programmatica e ostica sgradevolezza: agli spettatori più attenti e pazienti i suoi film possono regalare momenti di straordinaria inventiva e bellezza, come la scena dell'Ultima Cena in Salomè (film che fu apprezzato da Giorgio De Chirico) o gli struggenti monologhi del protagonista in Un Amleto di meno (che piacque a Moravia), senza dimenticare poi quelle scene dotate di una "verve" surreale così intensa da risultare assurdamente divertenti; si tratta in sostanza di film senza se e senza ma, che non offrono allo spettatore alcun tipo di accomodamento e compromesso, lasciandogli solo la libertà di scegliere tra amarli o odiarli, tra rigettarli del tutto o lasciarsi coinvolgere nel "corto circuito" cinematografico ideato e messo in pratica da Carmelo Bene, uno degli artisti e uomini di cultura italiani più importanti e stimolanti del Ventesimo Secolo.

 

 

28-10-2014 | 12:56