Sciola e la pietra che parla

Qualcosa di apparentemente inavvertibile, che la maggior parte delle persone non riesce a cogliere o che coglie talmente distrattamente da non accorgersene, ci è stata mostrata da un grande scultore, da poco scomparso, che soprattutto negli ultimi venti anni ha cercato di rivelare – come uno sciamano – questo mistero: la pietra ha una voce, e questa voce è una memoria del mondo, rivelando la memoria dell’universo stesso.

Pinuccio Sciola ci ha fatto entrare nella vera essenza del suono, della voce, che nasce sempre dal moto originato da un corpo vibrante. E quale corpo migliore della pietra si poteva scegliere? Sciola vedeva nella pietra – partendo anche da una base scientifica – l’elemento «primo» della terra, riferendosi sia all’origine geologica che a quella tecnica, meramente umana, ma anche l’elemento «ultimo», in quanto necessario anche per la tecnica moderna, con le componenti in silicio e quarzo che sono fondamentali per i nostri oggetti tecnologici contemporanei.

Da circa vent’anni, con la sua ultima fase scultorea, aveva creato le sue «pietre sonore» che accarezzava mostrando ai visitatori del suo parco di pietra quali potessero essere le potenzialità di questa materia. Tagliando e sezionando dei blocchi di pietra, affascinanti già nella loro forma a metà strada tra l’ancestrale e il futuristico – e perciò al di fuori del tempo – riusciva a mostrarci come la pietra si possa suonare, accarezzandola lievemente o sfregandola in modo leggero con un qualsiasi altro materiale. La pietra emette la sua voce al contatto con un altro corpo che la fa vibrare e mostra quale sia la sua origine: una pietra calcarea avrà il suono dell’acqua, un masso di basalto ci darà l’impressione di ascoltare il divampare di una fiamma o il brusio di un vulcano. Perciò, stando alle sue stesse parole, nella pietra vive la memoria del materiale che l’ha generata; infatti la pietra è non solo la memoria del mondo, ma è la memoria dell’universo stesso, che fin dalla sua origine – ricordata, nella Genesi e nei Veda, come un suono – è stato accompagnato da un’indistinta voce, sempre presente nella pietra.

Pinuccio Sciola aveva la grande fortuna di essere nato in Sardegna, una terra che per uno scultore e per un amante della pietra è un luogo ideale. Come amava ricordare, la Sardegna è un posto dove si trova ogni tipo di pietra e il suo stesso territorio deve molto alla bellezza naturale e architettonica della pietra. Ma le sue pietre sonore hanno fatto sentire la loro voce in tutto il mondo, portando lo scultore molto spesso oltre i confini italiani a rivelare questo mistero che è in realtà già disvelato in natura – e ciò fa forse dell’artista una sorta di profeta, di rivelatore.

Se è vero ciò che affermava Walter Pater, cioè che «tutte le arti aspirano costantemente alla condizione della musica», la scultura di Pinuccio Sciola, non tende solamente alla condizione della musica, ma essa stessa è musica.

Sciola stesso diceva di avere un «carattere litico», uno spirito di pietra che lo aveva sempre tenuto lontano da alcuni stereotipi culturali, da banali logiche di sistema e da molti aspetti dell’arte contemporanea. La sua idea, diversa e profonda, che arrivava nell’essenza più oscura e più luminosa della materia, continuerà a vivere per millenni nelle sue – e altrettanto nostre – pietre sonore, che basterà sfiorare per sentire l’arcaica voce che le dure mani e la grande mente di uno scultore sardo ci hanno rivelato.

 

 

18-07-2016 | 16:34