Quando non c'erano i selfie

Quando “Mediterraneo” di Gabriele Salvatores uscì nelle sale i quarantenni di oggi avevano circa sedici anni. Indimenticabile la sensazione provata leggendo il messaggio nei titoli di coda, la promessa che ci si è fatti in tanti, a quell’età.

Con gli amici spesso, udite udite, si usciva soprattutto stando in casa. Senza cellulari, né internet, né gran soldi da spendere. In una bella città del sud la pizzeria rigorosamente illuminata al neon e il ristorante cinese da raggiungere in rocambolesche gite in tre – se ci si sentiva prudenti – sulle vespe truccate, erano il massimo del fusion cui si aspirava. Forse siamo stati gli ultimi adolescenti (occidentali e agiati of course) che quando si usciva di casa anche la strada a cento metri era il mondo, perché chi ti riacchiappava più se non volevi. Tre isolati erano il mare dell’Egeo o financo il Brasile, se avevi voglia di sognare. Niente smartphones a ricordarti l’ora e qui, niente navigatori a dirti che sei assolutamente dalla parte opposta a quella che avevi pensato di raggiungere o, meglio ancora, che gli “altri” pensavano avresti raggiunto.

Francesco M. suonava la chitarra mentre con Paola si cantava a squarciagola, Gianluca dirigeva sornione gli innocenti giochi mondani, Romò e Gianpiero montavano e smontavano gags di esilarante innocenza, da far piegare in due dalle risa, con argomenti che oggi forse manco in quinta elementare: ma che a pensarci si ride ancora. E di gusto. Mario stava lì, come sa stare lui, silenzioso ma presente. Elisa spesso ospitava, unica capace di cucinare prelibatezze, in un salotto enorme e accogliente, sinceramente di famiglia e senza pretese di sembrare alla moda. E poi c’erano Enrico, Beppe, Monica e altri ancora, ognuno diverso, ognuno con una storia da tacere e raccontare, a seconda del vento e della birra che si era riusciti a mettere insieme. E ci si voleva bene e tanto. Qualche volta ci si innamorava pure e “Mediterraneo” sembrava ancoro più magico riflettendosi negli occhi di Farina e Vassilissa.

E fin qui ci siamo, sembra la solita menata nostalgica. Forse lo è, ma non come può parere a un primo sguardo.

La nostalgia infatti non è tanto per ieri, quanto per l’oggi.  Alcuni degli adolescenti sognanti che adesso hanno più o meno l’età dei protagonisti di questo magnifico film stanno scappando. O sono scappati. O stanno pensando di scappare, prima che sia troppo tardi.

Molti, che forse ancora ricordano un mondo più semplice di questo, a fine giornata rivolgono un pensiero alla partita di calcio fra le rocce dell’isola greca.  Socchiudono gli occhi e cercano di ricordare le risate grasse davanti a una caduta di culo o un bagno notturno senza selfies a immortalare i sorrisi ebeti, paghi di  “domanisaràmeraviglioso” perché qui non mi trova nessuno ed io sono il più forte del mondo.

Forse sognano la fuga da un Paese devastato come se fosse stato raso al suolo, piegato in due dal massacro degli entusiasmi e della speranza nel futuro, una guerra corrosiva  nel midollo delle coscienze. Disilluso già in partenza, a differenza di quello che immaginano i protagonisti del film quando rinunciano alla dolce surrealtà dell’isola senza tempo e rientrano alla base, desiderosi di dar forma alla confusione.

Alcuni invece non possono o non vogliono scappare. Perché ci credono ancora – eroi, coraggio! - o semplicemente perché stanchi di traversate in balia dell’incertezza.

Altri riguardano un film come questo pieni di gratitudine, perché possono guardarlo con un figlio di nove anni che ride alle battute di Abatantuono come ci si rideva vent’anni fa e pensare che forse una speranza c’è, con una ricetta semplice. Non tutto è perduto, nel mondo perduto.

Ricordarsi degli amici, di ridere, sorridere.

Cercare un campo da calcio, o di pallavolo o di cricket o di che diavolo volete e riuscire a scovarlo ovunque, se ti vien voglia di giocare.

Non dimenticare le serate interminabili con in mano praticamente niente che si potesse comprare e raccontarle ai nuovi sognatori, pregandoli di crederci. E di portarti con loro, qualche volta.

 

 

10-10-2015 | 18:21