Nostalgia per il vinile? Ecco Vinyl.

Nella struttura narrativa della fiction seriale la parola “pilot” (episodio pilota, elemento utile a saggiare la validità delle storie messe poi in successione) generalmente si riferisce alla terza puntata della prima stagione. E il grande “ingresso” grazie al quale, dopo che sono stati presentati periodo, personaggi, ambientazione e stesi i primi intrecci, finalmente lo spettatore viene introdotto al cuore della vicenda.

In “Vinyl” no. Il titolo della prima puntata è esso stesso “Pilot”: dura quasi due ore, al contrario delle successive di circa una, ed è magistralmente diretto da Martin Scorsese, oltre che scritto da mezza dozzina di abili sceneggiatori, che danno un tocco di “Breaking Bad” e di “Sopranos”, tra cui Terence Winter e Mick Jagger. Ci immerge immediatamente nella storia. Potrebbe essere un film a sé.

Prodotta da HBO la serie “Vinyl” è sostenuta dal trio ipercreativo Scorsese, Winter, Jagger grazie ai quali in ogni puntata si nota attenzione alla regia, narrazione, musica.

Chi vede nel protagonista Richie Finestra similitudini col Mad Man “Don Draper” dovrà fare i conti sia con un inversione di quell’animo che caratterizza i due personaggi (attirati entrambi dal baratro, Don cercherà con tutte le sue forze di non superarne il limite mentre Richie che vi è riuscito in passato adesso vi si rigetta entusiasta) che con l’ambientazione: una New York del 1973 in pieno Watergate ricreata da Scorsese talmente alla perfezione da far venire il dubbio abbia utilizzato girati di Mean Streets o Taxi Driver per l’incredibile realismo di marciapiedi e strade che scorrono attraverso i finestrini delle auto dove sono chiusi i personaggi. È la storia del presidente ed azionista principale di un’etichetta discografica, la American Century, che, abbandonata la Coca Cola per tornare a whisky e coca, in un delirio di onnipotenza generato da una visione, fa saltare un’acquisizione milionaria da parte della Polygram decidendo di ridare linfa vitale alla società con un nuovo label che deve nascere in nome del sentimento insito nella sensazione del rock. Anche a costo di trascinare colleghi ed impiegati alla banca rotta. Richie vuole ritrovare, riassaporare, il successo dato dal gusto dello scoprire il gretto ed aspro talento sconosciuto; Fontana cerca nuovi artisti da scritturare. Siamo alle porte del periodo punk, della nascita dei deejay, delle sonorità strumentali e campionate che plasmeranno gli anni Ottanta restando scolpite nella storia della musica dei Settanta; canzoni che oggi sentiamo, ascoltiamo e comunque sappiamo a memoria.

Gli addetti probabilmente storceranno il naso trovando la storia un cliché del mondo musicale: la mala che fa da padrone sfruttando droga e sesso, alimentando parte dell’industria discografica e ripulendo soldi sporchi. L’entrata in scena di innumerevoli sosia di artisti tra cui Andy Warhol, Lou Reed, Alice Cooper, David Bowie, Led Zeppelin che ne ripropongono le hit con cover o playback aprendo siparietti che possono risultare stucchevoli per i veri fan, sono sì “già visti” ma si può confidare in  Mick Jagger che essendo l’executive music producer della serie ha forse l’intenzione di non proporre uno “stereotipo” ma di un “tipo stereo”: qualcosa che possa andare bene a tutti.

Olivia Wilde interpreta la moglie di Finestra, lontanissima dal personaggio in camice della dottoressa Hadley in Dr. House, qui è una ex musa della Factory warholiana e sembra scesa da una tavola di Milo Manara.

Juno Temple sfrutta la sua straordinaria fisicità e si trasforma in un’assistente dai natali posh, con tendenze da groupie e talento da scout che le assicureranno una scalata alla vetta dell’etichetta discografica specialmente dopo essersi imbattuta in uno stropicciato ragazzo: Kip Stevens con band, chitarra e voce interpretata da un giovane attore inglese che di cognome fa Jagger.

In un’esplosione di memorabilia e messa in scena di vecchi comportamenti, abitudini desuete come premere con sforzo la falangetta sulla levetta del tasto play, vediamo Richie Finestra dare il via alla ristrutturazione dell’American Century Company chiedendo al suo staff di scovare artisti per cui poi “venga voglia di chiamare la stazione radio e chiedere che canzone era”. Lasciatevi trasportare da Vinyl, per tornare alla realtà poi basterà uno “Shazam”!

 

 

24-03-2016 | 13:27