Medardo Rosso e la luce

Scultore eterodosso, fuori da qualsiasi generalizzazione ed etichetta, Medardo Rosso cambiò radicalmente il modo di concepire e realizzare l’arte scultorea tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, lasciando dietro di sé innovazione, suggestioni e una lunga schiera di seguaci.

Rosso conosceva bene e citava le idee di Baudelaire e cercò di portare nella scultura una rivoluzione che potesse togliere quest’arte dalla noia che aveva denunciato il poeta francese. Per entrambi la scultura a tutto tondo perde valore proprio per questa sua caratteristica, perché non vi è una sola luce, una sola prospettiva dalla quale guardarla, e diventa di conseguenza vana, impalpabile. Le sculture di Rosso invece ci suggeriscono subito come bisogna osservarle, accogliendo la luce in un modo inconfondibile che ci induce a viverle così come l’artista desiderava.

La scultura non è definibile: lo scopo è quello di creare un’opera d’arte senza limiti, intesa gestalticamente – prima che la psicologia della Gestalt nascesse – nella totalità del suo ambiente, di un tutto che non si può sopprimere e non si può limitare attraverso contorni netti. «Tutto è conseguenza di tutto» affermò Rosso in una lettera, spiegando poeticamente il legame tra l’opera e tutto ciò che le sta attorno, che l’ha generata e che essa stessa genera.

Ciò che lega ogni cosa, opera, ambiente, pensiero e sensazioni dell’artista e del pubblico, è la luce. «La luce è la vera essenza della nostra esistenza, un’opera d’arte che non ha a che fare con la luce non ha ragione di esistere». È così che Medardo Rosso si fa scultore della luce prima che della materia.

Si arriva dunque al punto in cui la materia si fonde nella luce, con sculture che esprimono l’energia del mondo e quella dell’umanità, di una vita infinita che trascende da qualsiasi contorno. «Ciò che importa per me nell’arte, è di far dimenticare la materia».

Tramite la loro prospettiva e la loro assenza di limiti, sono proprio le opere a parlare, a rivelarci la poetica dell’artista, la sua concezione della luce, della materia e della vita: perciò Rosso scrisse raramente sull’arte in articoli, lettere e interventi vari, che si possono leggere in parte nella pregiata raccolta Scritti sulla scultura (Abscondita, Milano, 2003).

Visto il suo rapporto con la luce Rosso non poté non avvicinarsi alla fotografia, con risultati sorprendenti. Pensata in sinergia con le sue creazioni scultoree, la fotografia è un’ode alla luce e al tempo stesso un modo di pensare.

Per tutti questi motivi l’influenza di Medardo Rosso sugli altri artisti è notevole. Vengono citati di solito Brâncuși, Man Ray, Boccioni, Giacometti, Moore e tanti altri ma la lista è in realtà molto più lunga e difficile da stillare. Scolpendo la luce, sfidando la materia, Medardo Rosso ha attratto e attrae tuttora una schiera di visionari.

L’impegno di suo figlio Francesco e di altre tre generazioni ci ha donato un luogo incantato dove poter ammirare diverse opere dello scultore. Il Museo Medardo Rosso di Barzio ci dona la luce dell’artista in un’esperienza quasi surreale, certamente inedita. Situato in una vecchia chiesa, il museo è un viaggio nel tempo, un’immersione profonda, un’esperienza estetica e mentale al di fuori del comune. C’è in realtà poco di museale e molto dell’anima dell’artista, della sua aura che pervade le opere. Seppur sparse in Italia, Francia e altri paesi, è proprio a Barzio che le sculture di Medardo Rosso ci consegnano il suo messaggio più puro di arte che va oltre la materia e si scioglie, quasi misticamente, nell’assoluto della luce.

 

 

22-07-2019 | 09:44