Manzoni è vivo e lotta insieme a noi
Mauro Morelli, un politico locale balzato agli onori delle cronache per alcuni voti (inattesi) raccolti alle ultime elezioni per il Quirinale, venne così descritto: <Il carneade, intanto, si godeva la serata […] postando tutto su Facebook> (Repubblica, 31 gennaio 2015). Anche da frasi simili emerge l’impronta linguistica di Alessandro Manzoni nell’epoca dei social network. Già, perché, come sottolineò il compianto Bruno Migliorini all’inizio degli anni Sessanta, vari nomi e soprannomi presenti nei <Promessi sposi>, fra cui Carneade (<chi era costui?>), Perpetua e Azzeccagarbugli, sono passati presto da nomi propri a nomi (anche) comuni. E tutti ne conoscono il significato paradigmatico. Ma l’eredità di Manzoni (<padre della lingua italiana moderna>, come ricorda solennemente il sito del Senato) è certo molto più ampia. Riguarda naturalmente la letteratura, con seguaci forse insospettabili come Giovanni Verga, perché ad esempio - nota Ilaria Bonomi sull’Enciclopedia Treccani - <va rilevata nei Malavoglia un’alta ricorrenza di locuzioni ed espressioni dei Promessi sposi, che appartenevano al patrimonio fraseologico italiano, ma soprattutto toscano: […] dir chiaro e tondo, chiudere un occhio, tirare il collo, saltare di palo in frasca, mettere una pulce nell’orecchio, fare uno sproposito, mettersi il cuore in pace>.
Di qui all’ingresso nella lingua d’uso comune di molte espressioni tipicamente (anche se non esclusivamente) manzoniane il passo è stato breve.
<L’italiano post-manzoniano, letterario e non letterario, - aggiunge Bonomi - è ricco di espressioni dei Promessi sposi […] alcune già attestate in precedenza, altre diffuse dopo Manzoni. Guardando all’uso dei giorni nostri, è possibile distinguerle in diversi livelli e tipi. Partendo, per così dire, dal basso, s’individua una serie di locuzioni che fanno parte del patrimonio comune, anche senza che il parlante […] sia sempre consapevole della loro ricorrenza nel romanzo manzoniano>.
Alcuni esempi, riportati dalla studiosa, mostrano come ormai l’origine di alcune locuzioni, ampiamente usate anche prima di Manzoni, appaia opaca: <acqua cheta>; <ambasciator non porta pena>; <avere in odio […] come il diavolo l’acqua santa>; <carità […] pelosa>; <dar un colpo al cerchio e uno alla botte>. Va anche ricordato come singoli termini, localmente marcati, si siano imposti nell’uso grazie allo scrittore: ad esempio, <baggiano>.
Ma c’è di più: alcune espressioni celebri ed esclusivamente manzoniane, come <i capponi di Renzo> o <la sventurata rispose>, richiamano in modo inequivocabile il romanzo; talora assumono un sapore proverbiale e possono subire bruschi adattamenti, anche ironici, rispetto al contesto d’origine. Se un titolo come <Quel matrimonio non s’ha da fare> (Corriere della Sera) può essere prevedibilmente applicato a un articolo sul calo dei matrimoni religiosi, non mancano nemmeno soluzioni diverse, adattate ad altri temi, come <Cara sindaca di Crema, la moschea non s’ha da fare!> (ImolaOggi).
Certo, non solo i <Promessi sposi> forniscono all’italiano contemporaneo parole e locuzioni di largo impiego; anche le altre opere manzoniane non sono da meno. Insomma, se giustamente tocca <ai posteri l’ardua sentenza>, si può concludere ormai che quella di Manzoni <fu vera gloria>. I fatti (anzi, in questo caso le parole) non lasciano dubbi.