L'oggetto dei desideri per il vino

Pulvis et umbra sumus – non siamo che polvere e ombrascrive Orazio nelle sue Odi. Sembra che il grande poeta avesse molto timore della morte – e questo verso, in modo raffinato, lo lascia trapelare – e per questo avesse deciso di vivere molto intensamente. Fu maestro di eleganza, di ironia, e grande bevitore di vino. Insomma quello che oggi chiameremmo un bon vivant. E sembra anche – e qui viene il bello – che odiasse i poeti astemi. E che, addirittura, si fosse espresso maledicendone i versi come poesie che non avrebbero resistito al tempo.

Dunque la nuova invenzione di Ettore Bocchia, chef stellato di fama internazionale – che siamo onorati di ospitare su questo sito con una rubrica preziosissima – sarebbe piaciuta molto al grande poeta dell’antichità. Sì, perché l’invenzione in questione, chiamata Digifood, contempla molti elementi cari a Orazio: vino, polvere e gesti antichi.

Certo la polvere in questione non è quella di Orazio ma è polvere di vita, di gioia, commestibile, frutto di un’intelligente sintesi di piatti di alta cucina ridotti, appunto, in piccoli frammenti.

Ma andiamo per ordine. Cos’è il Digifood?

È un bellissimo oggetto che ci aiuterà a degustare il vino fin nelle sue essenze più profonde. Una piccola ed elegante placca di ottone in cui sono stati incisi tre solchi, tre tracce, sopra le quali verrà adagiata la polvere commestibile di Ettore Bocchia. Polvere che, a sua volta, dovrà essere raccolta dal nostro dito – gesto primordiale e moderno, l’uomo primitivo che assaggia il mondo circostante e quello sapiens contemporaneo che scorre le pagine del suo tablet – e portata alla bocca prima di bere il vino.

Così come gli elementi di un piatto esaltano le diverse componenti del vino, allo stesso modo chef Bocchia ha pensato di sintetizzare queste ricette in polveri da degustazione. Una volta adagiate nei solchi del Digifood inizia l’esperienza sensoriale: il dito, la bocca, il vino. Le tre polveri da degustazione saranno di volta in volta diverse, abbinate ai differenti vini, e studiate per garantire una perfetta fusione tra liquido e solido. In tal modo il vino diventerà protagonista, svelando nuovi aromi e sapori reconditi.

Uno strumento per tendere verso quell’attimo assoluto che svela la parte invisibile del vino, del gusto, della cucina. Perché quando diciamo cucina vogliamo pensare a un qualcosa che sia come una lingua, che testimoniando e sfidando il proprio tempo, sempre sappia trascenderlo. E il Digifood è un punto di sintesi al quale Ettore Bocchia è arrivato nella sua costante, ostinata, acuta ricerca quotidiana che il suo indiscusso estro sviluppa da anni in un grande ristorante quale è il Mistral del Grand Hotel Villa Serbelloni a Bellagio. Luogo di manzoniano orizzonte e di cronache mondane, in cui i protagonisti del jet set internazionale fanno spesso capolino.

Perché, tornando alle Odi di Orazio, “mentre stiamo parlando il tempo invidioso sarà fuggito”. Dunque cogliamo l’attimo. Oggi è a portata di mano. Anzi, di dito.

 

 

24-11-2014 | 18:41