Lo scandalo Yves Saint Laurent

Gli ultimi bagliori del talento sprofondavano nella penombra e il 7 gennaio del 2002 Yves Saint Laurent (sopra, nella storica foto di Jean-Marie Périer), ossessionato dai fantasmi estetici e dai fasti passati, lasciando le donne sole davanti alle incognite estetiche del terzo millennio, annunciò in una conferenza stampa la fine della sua carriera, vissuta per oltre quarant’anni insieme all’astuto socio in tutti i suoi affari, Pierre Bergé.

Per l’epilogo consolatorio aveva accumulato soprattutto applausi, una forte nevrosi depressiva e una collezione di opere d’arte venduta all’asta dopo la sua morte, quasi totalmente, nel 2009, per la cifra di 375 milioni di euro, destinati in parte alla ricerca scientifica, in parte alla fondazione Pierre Bergé -Yves Saint Laurent che in questi giorni celebra la famigerata collezione del 1971 ispirata agli anni Quaranta. Sono esposti abiti che causarono uno scandalo, per una volgarità percepita ai riferimenti di un capitolo senza luce della storia: l’occupazione nazista di Parigi durante la seconda guerra mondiale.

L’attenzione dei grandi colloca sempre un’aureola intorno all’oggetto della loro scelta, ma la natura umana non è mai meravigliosa da capo a fondo. La collezione fu presentata senza colonna sonora. Sfilarono gli spettri del passato nazionale e un silenzio impacciato accolse la sfilata. L’alta moda era un settore borghese, le clienti che avevano vissuto la guerra, percepirono questa prodezza come una forma irriverente nei confronti delle vittime innocenti di quel periodo. L’ira degli addetti al settore divenne implacabile.

La giornalista Eugenia Sheppard del New York Herald Tribune, alla quale si deve l’inizio dell’era moderna del reportage di moda, famosa per il suo stile di scrittura arioso e per i suoi oltremodo ariosi ritardi (nessuna sfilata iniziava senza di lei), sintetizzò la collezione con uno storico «Veramente orribile». Per la sacerdotessa dello stile l’errore di gusto era imperdonabile. L’astro nascente della moda, per continuare a brillare, fu costretto a rispondere alle critiche virulente chiarendo che non era nostalgia per l'epoca, ma il rendere omaggio alla libertà delle donne che l’avevano attraversata.

Questa collezione segnò il raggio di azione della moda contemporanea. Saint Laurent fu infatti il primo a ripescare una tendenza rétro catturando lo street-style con la couture, attenuando, se così si può dire, le differenze di abbigliamento tra classi. Inoltre, pochi anni avanti, aveva compiuto un atto strategico importante creando Rive Gauche, il primo marchio di prêt-à-porter destinato al grande pubblico e legato al nome di un couturier.

Yves Saint Laurent, uomo dal genio timido e dissacrante con il sorriso depresso, non ha mai saputo di preciso quanto denaro avesse accumulato: per lui l’importante era possederne abbastanza per decorare le sue belle case. Il suo cervello doveva essere il perfetto laboratorio del guardaroba della donna moderna, forse lui stesso non riusciva a immaginare quale misterioso evento, necessità o capriccio avesse radunato questa sagra di stile nella sua mente. Con la sua aria stordita da santone del lusso aveva dopo pochi mesi esorcizzato lo scandalo. Per la stampa si trasformò in un poeta, un precursore, soprattutto per aver messo in relazione la moda con il suo passato.

Cambiano i tempi e le strategie. Oggi lo scandalo è sacro, deve essere esagerato, ogni abbaglio è moda, nell’intrepida corsa verso un’emozione da passerella, nella contemporanea confusione di ruoli, stilisti nei panni delle star e attori e cantanti in quelli dei modelli.

Nessuno può sapere la reazione degli stessi giornalisti di allora. Forse, invocando lo spirito di Saint Laurent per un perdono elegante, avrebbero stretto un patto con le grandi marche dai budget promozionali miliardari. Dopo aver ingoiato un antidoto contro il terribile veleno della volgarità, avrebbero avuto pietà del designer che osa e non dubita, del “forzato dello stile” naufrago nella notte della moda, stordito da un’idea animata del suo talento, sopra un tappeto rosso, sotto un firmamento rischiarato dai consolanti flash della perduta speranza.

 

 

13-05-2015 | 10:41