L'insostenibile leggerezza di Kyrgios

Roger Federer è un uomo elegante, elegantissimo, è svizzero, ha 34 anni ed è il tennista più vincente di ogni tempo. Nick Kyrgios è un uomo inelegante, sguaiato, è australiano, ha 20 anni e non ha ancora vinto niente. E il fatto che i giornali dedichino, per motivi diversi, a entrambi lo stesso spazio durante un torneo di tennis è cosa assai irritante. E lo è soprattutto perché il giovane australiano afferma oltremodo una tendenza tanto in voga adesso quanto odiata da noi elitisti: il balotellismo.

Sì, è come Balotelli, tale e quale: è indolente, menefreghista, ha la cresta in testa di vari colori, dà segno – talvolta – di colpi di genio inutili, non vince niente di serio, insulta avversari e pubblico, fa smorfie ripugnanti dopo ogni colpo, lancia la racchetta e, cosa più grave, molti gli perdonano tutto perché è giovane. E, ancora peggio, molti dicono bene di lui perché rompe la monotonia dell’understatement tennistico a favore della spettacolarità e dell’imprevedibilità. Qualcuno, lanciato nell’intemerata apologia del fenomeno Kyrgios, scomoda un mostro sacro come John McEnroe, perché anche lui dava spesso di matto e rompeva le racchette e insultava gli arbitri. Sì, McEnroe faceva queste cose ma con la non trascurabile differenza che queste cose, in lui, erano accessorie all’estro, al genio, al più grande braccio cha abbia mai calcato un campo da tennis: lui vinceva con una modalità che non si è mai più vista, con volée e demi-voleé che sfidavano le leggi della fisica, ed era un numero uno, vinceva i tornei che contano.  Kyrgios no, non vince – anzi spesso perde al primo turno – ma fa lo scemo dieci volte McEnroe. In una partita recente, la notizia ha fatto il giro del mondo – e via coi titoloni sui giornali – ha dato del cornuto a Stan Wawrinka, un signore – svizzero pure lui – educatissimo e posato che ha solo vinto l’ultimo Roland Garros in finale con un altro signore che si chiama Novak Djokovic. Che è un altro, quest’ultimo, che ama scherzare, rompere la sceneggiatura del tennis, con imitazioni e scherzi, però vince tutto e non è mai maleducato.

Il tennis non è uno sport come gli altri, è delicato, ha bisogno di riguardo, e proprio per questo che il pubblico, anche quando le teste semoventi sono 20 mila come a New York, tiene un silenzio ecclesiastico durante le azioni della partita. Perché è uno sport intimista, fatto di dettagli che sono sostanza pura – e come dice un vecchio adagio: Dio, o il Diavolo, a seconda della parte dalla quale si giudica, sta nei dettagli – somiglia a un rito scolpito negli anni. Addirittura nel suo tempio indiscusso, Wimbledon, non entrano sponsor né colori: solo l’orologio Rolex sul tabellone e tutti i giocatori devono vestire di bianco. Dunque uno sport che non si piega alle leggi pressantissime del mercato, il mercato quello vero, da bilioni di dollari, ma che fa del rispetto delle regole – un po’ come il golf – non uno sfoggio di classismo conservatore e formale, ma la sua essenza stessa, il suo divenire gesto estetico, pulito, algido.

Per questo il giovane Kyrgios, con la sua irriverenza e la sua sfrontatezza, sia davanti al numero uno del mondo, sia davanti all’ultimo del ranking mondiale – e questo ad uno sguardo superficiale potrebbe sembrare atteggiamento democratico, non succube ai campioni, mentre è menefreghismo e basta – diventa qualcosa di intollerabile. Quasi come il nostro (sic!) Fabio Fognini, che in una recente finale si alza dalla sedia per andare a insultare Rafa Nadal. A parte che una cosa così non si era mai vista a memoria d’uomo ma, tornando al senso della misura, chi sei tu omino per poter aggredire verbalmente la Storia del tennis? Ecco è questo che è irritante, non il resto: il fatto che il 9 volte vincitore a Parigi, un totem di questo sport, venga insultato da un nano che al massimo ha vinto due tornei minori. Esattamente qui sta il corto circuito che non renderà mai Kyrgios simpatico: non avere il senso delle cose, della dimensione del mondo. Per lui il mondo è il suo garage. Mentre il mondo del tennis è ampio, sconfinato, ha gli orizzonti che si colorano della superficie ogni volta diversa, è trascendente rispetto a quella pallina gialla che vola. Il tennis è il prato di Wimbledon nelle prime giornate, lo skyline di New York all’imbrunire che si vede dallo stadio, il sole impietoso e secco australiano e l’esistenzialismo che c’è in quella terra rossa di Parigi. Il tennis non è immanenza, e immagignifico nel suo essere.

La parola “cornuto” la si usa nel calcio, che è rito tribale, e al massimo la si riserva all’arbitro. Nei campi di tennis non deve entrare, nel tennis non c’è il tradimento, c’è solo l’edonismo. Aspetta, si potrà obiettare, aspetta che Kyrgios cresca e vinca, magari si darà un regolata, e allora brinderemo tutti. Sì, va bene, intanto ieri a New York è uscito al primo turno per mano di Andy Murray. Nell'attesa c’è sempre un buon motivo per brindare.

 

 

02-09-2015 | 12:22