Le cose non dette su Giulio Cesare

Veni, vidi, vici.

Alea iacta est.

Gallia est omnis divisa in partes tres.

Inutile chiarire di chi siano questi motti entrati nella Storia. Inutile specificare il posto di riguardo tra le personalità più influenti di sempre che Giulio Cesare (nella foto interpretato da Marlon Brando nel film Giulio Cesare del 1953) ha come uomo carismatico e politico sagace.

Vissuto nel corso del I secolo a.C., capo del partito popolare, ottimo oratore, scrittore dallo stile scevro, Giulio Cesare ricoprì tutti gli incarichi politici previsti dal cursus honorum romano: dalla questura all'edilità, dalla pretura al governatorato in Spagna, dal consolato alla dittatura. Con qualche spericolato anacronismo, potremmo dire che fu l'equivalente del nostro ministro dell'economia, del ministro della giustizia e delle infrastrutture, con incarichi militari da generale.

Da dittatore Cesare inaugurò delle riforme memorabili: l'allontanamento dal corpo senatorio di quanti fossero implicati in illeciti finanziari o accuse di concussione; l'emanazione di leggi contro il lusso e di provvedimenti su debiti e affitti da detrarre ai più poveri; elargizioni di grano gratuite e spartizioni di suolo pubblico tra i nullatenenti.

Se da un lato queste riforme accrebbero enormemente il favore popolare, dall'altro fecero storcere il naso all'aristocrazia senatoria conservatrice.

In sintesi un politico dalle mille responsabilità, che per di più traghettò Roma dalla repubblica al Principato, con l'accentramento del potere nelle mani di uno solo con buona pace del Senato e del popolo. Fu lui a mettere fine con la vittoria alla guerra civile, combattuta tra il suo partito e quello degli aristocratici, guidati da Pompeo. Fu lui ad assumere la dittatura e, pochi mesi prima di essere assassinato alle idi di Marzo del 44 a.C., ad adottare il nipote Ottaviano, destinato a diventare Augusto, primo imperatore di Roma.

Tutti gli imperatori si forgiarono del titolo di Cesare, appellativo altisonante e chiaramente evocativo. “Cesare” dal latino è passato in molte lingue con il significato di capo: basti pensare a Zar, Kaiser e Scià, con la radice Caesar comune.

Se buona parte delle fonti e degli studi, tratteggia Giulio Cesare sotto la luce della grandiosità e della correttezza, sul suo operato politico e civile pesano ombre mai profondamente soppesate.

Ostentò la sua celebre clemenza solo quando poteva trarne profitto e scelse la strada della brutalità spietata solo per il gusto di umiliare, come per i massacri dei Galli e l'uccisione di Vercingetorige, che ai Romani si sottomise volontariamente. Si mostrò ambiguo in occasione della congiura di Catilina: appoggiò il programma popolare di riforme presentato da Catilina per poi defilarsi e consegnarlo alla morte, poiché lo sventurato non aveva appoggi politici forti e organizzava una congiura per agguantare il potere.

L'ombra forse più grande è quella relativa all'elezione a pontefice massimo nel 63 a.C. Le cronache ci raccontano che Giulio si rivolse a creditori e strozzini di bassa lega, per ottenere in prestito immense somme di denaro, che utilizzò fino all'ultimo centesimo per corrompere l'elettorato. L'anomalia è doppia: l'elezione fu un eclatante esempio di malaffare, oltreché una contraddizione di fatto.

Cesare come pontefice massimo era depositario del diritto sacro e cultore dei riti, ricopriva la somma carica religiosa a Roma, pari a quella del papa cristiano. Come cittadino privato era però notoriamente seguace di quell'epicureismo greco, che definì la religione tradizionale come superstizione e abitudine degenerativa che crea paura e false consapevolezze, che concepì gli dei come entità indifferenti alle vicende umane.

La concezione epicurea per cui il sommo bene coincide con il piacere, inoltre, era in netto disaccordo con la severità e l'austerità dei costumi romani. Secondo i precetti epicurei, la condotta del singolo deve essere improntata a un'esistenza serena e riservata, all'insegna del disimpegno politico, diametralmente opposta a quella di Cesare uomo e politico. Come riuscì Giulio a conciliare questi due binari paralleli?

Attraverso il compromesso tra i doveri politici e il personale credo filosofico, esercitò con dovizia e puntualità i doveri religiosi, preoccupandosi di celare la sua aderenza scabrosa all'epicureismo, di cui rimangono riferimenti latenti nelle sue opere e nelle orazioni dei suoi nemici politici – Cicerone e Catone in primis -, che sottilmente lo presero in giro per questo. Si adagiò sulla concezione della religione come instrumentum regni utile per ammansire la popolazione e piegarla al proprio volere.

Divinizzato da Ottaviano dopo la sua morte, presente nell'Eneide virgiliana e nel IV canto della Commedia dantesca, Cesare è un personaggio che ha ispirato opere letterarie, teatrali e liriche, cortometraggi e film: basta citare il Giulio Cesare di Shakespeare, incentrato sulle vicende della morte del dittatore, e il Cesare e Cleopatra di George Bernard Shaw.

Lo ritroviamo, tra gli altri, in una decina di episodi della riuscitissima serie tv americana Spartacus e nel fumetto Asterix, alle prese con le insicurezze e le incombenze della gestione quotidiana del potere, con il celeberrimo naso adunco, la corona di alloro in testa, la toga bianca orlata di porpora.

 

 

27-01-2015 | 20:31