L'amore che non sa leggere

Chi aspetta San Valentino per fare il cinico o per storcere il naso davanti a una qualsivoglia manifestazione di entusiasmo verso l'amore, non legga questo articolo. Anzi no, lo legga, che storcere il naso fa bene alle rughe e pensare con fervore a come formulare battute cattive mantiene giovani e svegli. Noi oggi parliamo di un film d'amore, ma non di uno qualsiasi. "Lettere d'amore", di Martin Ritt, è un film americano degli anni novanta, ancora sufficientemente intriso dalla polvere naïf del decennio precedente, ma con un pizzico di sana malinconia post sbornia ottimista, che lo rende godibile fino alla fine (vabbè, meglio con un paio di birre a disposizione e senza storie conclusesi tragicamente da poco). Interpreti principali, Robert De Niro e Jane Fonda, formidabili entrambi e supportati da un cast ben orchestrato e sapientemente diretto. Ma iniziamo con le cose serie: secondo voi quante volte ci si può innamorare di Robert De Niro? Sento già il coro: tante, tantissime. E in questo film ancora di più. Perché lui è meraviglioso, misterioso, tenero, sfigato e insieme dignitosissimo. Ti fa venir voglia di dargli la caccia per poi offrirgli una pasta con le fragole e un bagno caldo. Licenziato dalla fabbrica in cui lavora come cuoco perché analfabeta, trova nella collega (Jane Fonda) una spalla per uscire dal buio della sua condizione. Ma anche la fascinosa Jane, fresca di vedovanza, troverà nel burbero e solitario collega un imprevisto e preziosissimo appiglio verso la vita che ricomincia, prendendola di sorpresa con un'emozione e una se stessa che ormai credeva irrimediabilmente perdute.

Questo film però non racconta solo l'amore romantico di due persone mature che si regalano una possibilità per essere (di nuovo e finalmente) felici. Racconta anche di un figlio che si prende cura del padre ultra novantenne come fosse il suo bambino, profondamente grato anche solo di non essere mai stato picchiato. Ci parla di una madre rimasta vedova ma che continua a lavorare per il bene dei figli, nonostante questi possano ferirla o non supportarla. Celebra la forza di cambiare e crescere per non deludere in primis la propria vita, degna di essere amata anche se alle Bermuda non ci andrai mai e il massimo cui pensi di poter aspirare è un caffè servito a letto in un bricchetto di argento in un piccolo hotel a Boston. Ci presenta un uomo che non sa leggere né scrivere, ma che conosce tutti i nomi degli alberi perché li ama e che per questo li insegna a un bambino che ha perso il padre e ha paura del buio; e una donna che appoggia la figlia adolescente incinta senza la minima consapevolezza, perché anche se non è d'accordo si strugge di tenerezza pensando quanto vuota sarebbe stata la sua vita se non avesse tenuto lei, quando era giovane e spaventata allo stesso modo. Americano al cento per cento tutta la struttura e il racconto, ma va bene così. A volte se ne ha bisogno.

Chissà in quanti stanno quindi già storcendo il naso a questo punto. Bla, bla , bla, amore, cuore e fiore, la solita solfa, chissenefrega, l'amore se va bene lo si fa, ma a parlarne oggi, che in tanti si stenta a arrivare a fine mese, che si limiti la De Filippi o Beautiful, così ci facciamo una risata e poi torniamo a preoccuparci delle cose "serie".

Eh, però l'amore, quello bello e sincero, che arriva come una secchiata di acqua calda e profumata quando stavi morendo di freddo, è una cosa serissima. Può cambiarti la vita, può cambiare te. E’ il vero sogno americano. Che sia per sempre, per un mese o per mezzora. Orsù, siamo coraggiosamente démodé, diciamolo, è così (e se non lo è facciamo in modo che lo sia, non importa chi o cosa scegliamo di amare, ma vibriamo, maledizione).

Guardatelo questo film. Soffermatevi sulla scena in cui comincia la magia, mentre un uomo, davanti alla donna che inizia a vedere con occhi graziati, si offre di sostituirsi a lei stremata all'asse da stiro e nel frattempo si sforza di imparare a leggere, perché sceglie di aver fiducia nel futuro e di crescere, senza troppi calcoli ma con maturo entusiasmo. E poi ancora, sul lieve ma deciso incedere di un sentimento che resiste con la tenacia di una sempreverde nonostante abbia il dna di una improvvida rosa. "Non mi voglio fermare, voglio andare avanti", "Sono qui",  dice il protagonista davanti alle ritrosie della donna che ha scelto di rendere parte indispensabile della sua vita. Che si storca il naso o meno, che ci si sputi un po' di cinismo a salve o no, diciamocelo: basterebbero frasi così, alla fine di ogni inizio e per sempre (ok, se poi ce le dicesse Robert De Niro meglio, ma tutto non si può avere…sognare si, però, my funny Valentines).

 

 

14-02-2015 | 15:15