La ninna-nanna eroica di Debussy

Dei grandi autori si dovrebbe ascoltare tutto il possibile, andare a spulciare debitamente i cataloghi, con calma e curiosità, e immancabilmente si verrebbe ripagati trovandosi di fronte ad opere di autentico valore di cui si ignorava persino l’esistenza. Come nel caso di questa breve composizione per pianoforte di Claude Debussy, poi da lui stesso orchestrata.

Siamo nel 1915, il Belgio capitola dinnanzi all'avanzata tedesca che ne ha violata la neutralità e Debussy scrive questa Berceuse héroïque, dedicata al re sconfitto, Alberto I. Il nome della composizione è un geniale ed efficace ossimoro: come può una berceuse (una ninna-nanna), essere in alcun modo eroica? Ascoltandola si percepisce che essa si accompagna a un altro ossimoro, che la spiega: la musica evoca il silenzio pieno di sogni e ricordi. Una desolata "pace dei sepolcri", forse quella dei campi che interravano migliaia di soldati uccisi in battaglia in una guerra mai vista prima, combattuta con armi di cui avevano solo una vaga idea: gas nervini, mitragliatrici poderose, bombe sganciate dagli aerei, cannoni dalla gettata di centinaia di chilometri. Sembrava che la tecnica, all’apice della fiducia dell’umanità nel proprio sviluppo, si fosse improvvisamente votata al suo sterminio, che l’avesse tradita, svelandole un destino sinistro e avverso.

Quello della Berceuse héroïque non è il Debussy "impressionista" e maestoso de La Mer, non descrive il mondo e le sue luci tramite sonorità lussureggianti e allusive; non ha nulla in comune con altri componimenti d’occasione per celebrare una vittoria militare. In questo caso la musica celebra una sconfitta per tutti, sembra evocare i campi di battaglia visti dal di sotto, sembra farci origliare i ricordi, i pensieri di morti ormai senza più volto e nazione, ci porta a Ungaretti, agli uomini delle anguste trincee della Grande Guerra, ai dipinti dei pittori metafisici. Un coro di ricordi che esalano da chi li ha custoditi dentro di sé in una vita; il suono di una tromba in lontananza, i crescendo elegiaci, le armonie serene, sono ricordi e impressioni stenografati in accenni brevi ed evanescenti; restano ferme e costanti solo le tinte scure dell’incedere dei bassi e dei fiati nel registro grave, uno sfondo a queste lontane illusioni dentro il quale sprofondano inesorabilmente.

Se un effetto impressionistico c'è, ed è molto misurato, è quello della notte, della sospensione della guerra che riprenderà dopo il silenzio spettrale del campo di battaglia. È una musica attonita, vinta dalla capacità distruttiva degli uomini, trasmette una rassegnata serenità dinnanzi alla fine di coloro che non hanno vissuto per vedere cadere, pochi anni dopo e uno dopo l'altro, ben quattro imperi europei (russo, ottomano, germanico e austro-ungarico), e la grande trasformazione del mondo che ne seguì. Una piccola, breve e assolutamente antieroica composizione, che accantona l’antico odio francese contro i Boches (i Cavoli come i Francesi chiamavano e ancora chiamano i Tedeschi) che bombardavano Parigi dagli Zeppelin.

Con una piccola berceuse, lontana da strazi e clamore, Debussy definisce un rifiuto sobrio e sommesso dell'idea stessa di senso dinnanzi ad una catastrofe così gigantesca e indecifrata. E cos’ha di eroico? Qui “eroico” è chi non c’è più, chi lo è divenuto morendo e per forza, chi eroe non voleva esserlo, in una guerra che di romantico ed estetizzante aveva perso davvero tutto.

https://www.youtube.com/watch?v=Amr_xPk3Cqk

 

18-10-2014 | 02:00