La letteratura contro i giochi di ruolo

La conversazione è sicuramente un gioco di ruolo in cui vi sono regole precise, mascheramenti e temi ricorrenti. Come non si può essere approssimativi nel gioco di ruolo così non lo si può essere nella conversazione, altrimenti il risultato è una messinscena da quattro soldi. Entrambi sono esempi di finzione. Tuttavia la conversazione si distingue da ogni altro gioco di ruolo perché è il solo di essi esclusivamente per adulti.

Se una delle avvisaglie della psicosi è l’isolamento sociale, i giochi di ruolo da svolgere nella muscosa atmosfera del retrobottega di un negozietto di modellini sono lo strumento ideale per avviarsi nella sua rutilante anamorfosi. Lo stesso dicasi per i derivati più arzigogolati: festini in cui diciamo di essere nel Settecento a casa di René-Louis de Voyer de Paulmy agghindati da damine, serata in maschera stile Antica Roma in salsa scandalo finanziario, io Tarzan tu Jane.

Simili casi, però, sono ammissibilmente coinvolgenti solo se si è bambini. Da adulti, appunto, bisogna essere un po’ psicotici e nerd. E proprio da un amico psicotico può venire l’invito per uno di quei retrobottega o a una convention anime o a un raduno di cosplay di Ken il Guerriero. Il conversatore può trovare molte scuse, ma a un certo punto può anche esaurirle. A quel punto si apre sotto i suoi piedi un baratro pop-parafiliaco in cui si estende a perdita d’occhio una palpitante massa umana dove si brandiscono armi finte indossando abiti sgargianti da cartoni animati.

Questo lampo d’inferno doreiano è bastante per attivare le rotelline dentate nel crapino del conversatore e dargli il giusto slancio a trovare una soluzione che, come ogni soluzione reale, sia definitiva. Il conversatore dovrà inevitabilmente invocare un esempio letterario, poiché anche la letteratura è un gioco di ruolo, l’unico trasversalmente buono per adulti e bambini. La via maestra da seguire è descrive all’amico adulto che ancora insiste coi suoi inviti ad adunanze di altri psicotici travestiti una differenza fondamentale su cui il mondo poggia.

Ci sono i Cappuccetto Rosso e i Babbo Natale. I Cappuccetto Rosso amano perdersi nella bruma narrativa dei boschi fantastici, andare sempre più avanti, fino a smarrirsi. I Babbo Natale solcano sulla creazione con la loro slitta, ogni tanto scendono in picchiata, poi si rialzano in volo e continuano il loro percorso. “Tu, amico mio, sei un Cappuccetto Rosso e ormai stai da così tanto tempo nel bosco che l’hai scambiato per casa tua. Io, invece, sono un Babbo Natale che scende raramente per i caminetti”. Purtroppo anche l’incapacità di capire le metafore e altre forme laterali di comunicazioni è fra i sintomi iniziali della psicosi, perciò l’amico non capirà il senso di una simile distinzione: bisognerà andare sul pragmatico e fargli un esempio.

Serve uno scrittore barocco come Pierluigi Felli per spiegare che cosa passa fra solcare il mare del genere e dell’immedesimazione e annegare in questo stesso mare. Per rimanere in tema, La fredda notte di Babbo Natale sarà il libro ideale. Si accenni al fatto che Felli è da anni rinchiuso in una clinica privata per malattie mentali dove scrive i suoi romanzi, che sono arrivati al numero tragimagico di trentatré e che ognuno è di un genere letterario differente; si sottolinei che incrociare la penna coi tentacoli dei generi letterari è cosa in cui si perde il senno, il sonno e il nesso; che, come scrive Felli, “io so soltanto che smettere con i rapporti umani era un’esigenza. Quindi scelsi di andare là e di vestirmi come un cow-boy. Pensa che per reggere il ruolo che era stato di illustri predecessori mi comprai pure una mucca, peraltro amabile conversatrice”. È Felli il prototipo del Babbo Natale che svolazza sull’inferno dei falsi letterari con la sua slitta senza mai cadere in dirupi dove finte Sailor Moon s’allacciano a strateghi mutanti.

Il conversatore avrà così conseguito quattro obiettivi: ristabilire la propria insanabile differenza con ogni altro giocatore di ruolo, aver reso onore allo scrittore più di genere del paese, essersi tirato fuori da altri inviti nel World of Warcraft, aver ribadito il suo amore per quel che rimane del Seicento nella contemporaneità: la variazione sul tema, l’ostinato, il basso continuo – tutti elementi della letteratura di genere, gioco di ruolo degli dei.

06-04-2014 | 23:58