La conoscenza è inutile (senza il controllo)

Mao Tse-tung tentò in ogni modo di portare la Cina sull’“autostrada dorata” del socialismo liberandosi dal peso della storia cinese. Il pragmatismo insito nel confucianesimo era il nemico numero uno, al pari degli intellettuali. L’anti tradizionalismo era fortemente legato all’anti intellettualismo e i membri più colti della società furono umiliati. Il mondo accademico venne pressoché distrutto e i mezzi di comunicazione, rigidamente controllati dall’alto, non davano spazio alle voci discordanti.

Dalla morte di Mao, il 9 settembre 1976, molto è cambiato e rapidamente la Cina ha chiuso con l’idealismo radicale, individuando nello sviluppo economico la vera priorità politica.

Il Partito Comunista si è aperto ai meccanismi del libero mercato, ma la memoria ufficiale è ancora sottoposta a stretta censura. Un regime che si legittima in base alla propria storia non può perderne il controllo. I governi esprimono il determinismo storico spiegato da Karl Marx e il pensiero è stato usato per giustificare l’ascesa al potere tramite la violenza. A qualche anno di distanza dalla morte di Mao il partito ha ammesso i propri errori spiegando però che “i meriti sono primari e gli errori secondari”. Criticare le politiche del fondatore della Repubblica Popolare Cinese è ancora pericoloso.

Tuttavia la memoria personale è un fatto privato, che tra le pieghe del potere ufficiale, può avere risvolti politici. Ultimamente un sempre maggior numero di pubblicazioni scandagliano il passato attraverso riflessioni e testimonianze dirette.

In tal direzione Remembrance è l’esempio più calzante. La “rivista” – decisamente underground – si occupa di questioni delicate come le violenze commesse durante la Rivoluzione Culturale. La diffusione degli articoli si dipana rapida con l’invio di mail – gli scritti sono formato PDF – agli abbonati della newsletter. La redazione non ha indirizzi a cui rivolgersi e le settanta pagina che escono ogni due settimane non posseggono la registrazione ufficiale del governo. Per le regole cinesi Remembrance sfugge alla definizione di pubblicazione e la censura la considera come una lista privata. Ufficialmente gli autori sono un gruppo di storici che inviano del materiale ai propri amici. Per evitare ulteriori problemi le pagine non trattano avvenimenti politici come il massacro degli studenti di piazza Tienanmen. Le indagini si arenano volontariamente al 1978, anno in cui Deng Xiaoping arrivò al potere avviando le riforme economiche.

Remembrance in ogni modo pubblica testi su temi controversi che il partito preferirebbe di certo insabbiare. Le violenze sui professori, gli scioperi dei contadini e la falsa epoca d’oro in cui milioni di persone sono morte di fame.

Ma chi c’è realmente dietro a questa pubblicazione ufficialmente fantasma?

Innanzitutto l’idea si sviluppa nel 2008 quando lo storico He Shu ed il critico cinematografico Wu Di mettono in moto la fragile struttura. Dal 2011 è rimasto Wu – He Shu ha lasciato perché le testimonianze raccolte andavano oltre il suo oggetto di studi preferito, la Rivoluzione Culturale – insieme a diversi scrittori regolari. Se in precedenza le ricerche erano sviluppate all’estero, con Remembrance lo “studio della cultura e della storia” viene portato avanti in Cina.

Un professore, l’esperto di computer impiegato all’università e un editore del quotidiano di punta del Partito Comunista formano parte del team. Il co-fondatore coordina il tutto spiegando il proprio pensiero così: “Nessuno dice che non ci si può sedere a casa per fare una piccola ricerca”.

La storia di Wu è significativa e merita un approfondimento. Prima di trasformarsi in un esperto di cinema venne esiliato in Mongolia quando aveva diciassette anni. La strategia di Mao per evitare l’anarchia contemplava lo spostamento forzato dei giovani dalle città alle grandi steppe.

Per aver difeso dei ragazzi derubati venne imprigionato con l’accusa di terrorismo, era sospettato di voler organizzare l’indipendenza della Mongolia. Durante la reclusione ha avuto modo di ascoltare molte storie, venendo a conoscenze delle crepe create dalla Rivoluzione Culturale nella società. L’odio etnico e la violenza cinese provocò decine di migliaia di vittime tra la popolazione mongola, persone volutamente dimenticate dagli organi ufficiali.

Tra l’analisi di un film e l’altro Wu ha affinato le modalità d’ascolto e Remembrance sta varcando i confini della Cina, interessando alcuni ricercatori americani. Anche l’élite più istruita del Paese è stata raggiunta dalle pagine che intendono incoraggiare le persone a chiedere scusa per le angherie compiute. Il ricordo della gente e non del governo è un pezzo di storia ancora troppo nascosto a siffatte latitudini.

E allora una domanda: è possibile avere un reale confronto con il proprio passato in un luogo dove la sfera pubblica è spesso fittizia? 

 

 

01-01-2015 | 23:24