James Bond non era lui

Cinquant’anni fa moriva prematuramente Ian Fleming, il creatore del personaggio di James Bond.

Dodici romanzi e due raccolte di racconti brevi, scritti in undici anni: tanto è bastato allo scrittore inglese per creare un personaggio che è diventato una vera e propria icona universale.

Ma è impossibile capire la più famosa delle spie senza conoscere l’avventurosa vita del suo creatore. Mai, come nel caso di Ian Fleming e James Bond, l’intreccio tra finzione e realtà, la fusione tra l’autore e la sua creazione, e la corrispondenza dei rispettivi dati biografici sono stati così intensi.  Fleming fu corrispondente giornalistico a Mosca, poi agente borsistico. Divenne, con lo scoppio della seconda guerra mondiale, ufficiale del servizio segreto della Royal Navy. Fu protagonista di una rocambolesca (o forse è meglio definirla “bondiana”) azione di controspionaggio contro gli agenti segreti del Terzo Reich che operavano in Portogallo. Il piano che lui stesso ideò prevedeva di battere al casinò gli agenti infiltrati, facendo così perdere loro tutti i fondi necessari per continuare l’attività spionistica.

Un decennio più tardi questa incredibile avventura, vissuta in prima persona da Ian Fleming, e riadattata a un mondo che stava vivendo in pieno la Guerra Fredda, divenne la trama di Casino Royale, il primo romanzo che decretò la nascita del celeberrimo 007.

L’agente segreto dei romanzi di Fleming era molto diverso dal James Bond cinematografico, poi portato sul grande schermo nel decennio successivo. Indimenticabilmente interpretato, per la prima volta, dal fascinoso attore scozzese Sean Connery. Se da un lato il Bond letterario era modellato su diverse caratteristiche dello stesso Fleming – l’amore per la bella vita, la buona cucina, il golf, il gioco e il vizio dell’alcol – per altro verso lo scrittore si era ispirato agli agenti segreti e ai commandos della Royal Navy con i quali aveva collaborato durante la guerra. Militari professionali e spietati, fredde macchine calcolatrici dalla grande intelligenza e arguzia, ma, appunto, dai tanti vizi e limiti.

Lo 007 letterario ha infatti diversi tratti caratteriali più da criminale psicopatico che da supereroe:  fuma settanta sigarette al giorno (come lo stesso Fleming), ama smodatamente il gioco d’azzardo, e ha una personalità nervosa, tormentata, torva, violenta e, alle volte, indiscutibilmente instabile. I suoi celeberrimi incontri amorosi con quelle che saranno poi chiamate le Bond Girls sono spesso molto poco romantici: il Bond letterario vive il sesso in modo distaccato, al limite della violenza e della morbosità. Il suo aspetto fisico, citando gli stessi romanzi di Fleming, è quello di un uomo di circa 37 anni con una vistosa cicatrice su una guancia  che “Somiglia a Hoagy Carmichael, ma c’è qualcosa in lui di freddo e spietato”  o che “Certamente ha una bella presenza. I capelli neri ricadono sul suo sopracciglio destro. Ma c’è qualcosa di crudele nella sua bocca e i suoi occhi sono freddi”.

Sul piano della caratterizzazione ideologica Bond non è certo un cavaliere senza macchia e senza paura, anzi è ben consapevole di essere un piccolo ingranaggio in un grande meccanismo. Così come sa bene che col suo lavoro di spia e assassino protegge un sistema capitalista e imperfetto, ma che tutto sommato, ai suoi occhi, è migliore di quello che i sovietici o le organizzazioni criminali vorrebbero imporre. Un eroe solo e solitario in lotta contro i suoi antagonisti. E non il paladino del bene che combatte il male.

Tra i tanti tratti che Fleming proietta su questo suo alter ego letterario vi è il gusto per lo stile e l’eleganza.  Per usare le stesse parole di un suo romanzo  “La valigia era una Revelation di cinghiale usata, che un tempo doveva essere costata molto cara. Il contenuto si addiceva perfettamente all’aspetto esterno: un abito da sera; un abito pied-de-poule bianco e nero per la campagna e il golf; scarpe da golf Saxon; un vestito blu scuro in “tropicale” uguale a quello che Bond indossava; qualche camicia di seta bianca e qualcuna sportiva di color azzurro scuro, con le maniche corte e il colletto chiuso”. Ma se Fleming non si era mai potuto permettere abiti sartoriali della celeberrima Savile Row di Londra, Bond sfoggia costosissimi completi confezionati a mano dai migliori sarti inglesi: tradizione che sarà mantenuta anche per i molti film della saga cinematografica, fino a quando 007 negli anni ‘90 non adotterà completi dell’italianissima maison Brioni, per poi passare all’americana Tom Ford.

Nella sua vasta produzione Fleming ha descritto coinvolgenti avventure di chiara impostazione hitchcockiana. Avventure fatte di intrighi internazionali, amori conturbanti e impossibili, tranelli e tradimenti, rischi mortali e acrobatiche peripezie. Il tutto condito da suggestive ed esotiche atmosfere, sicari spietati, armi e attrezzature tecnologiche e letali, avventure galanti tra spie del fronte avverso, inseguimenti frenetici che si svolgono a bordo di strepitose automobili, lussuosi yacht e antichi treni dal sapore nostalgico, come l’Orient Express.

Il nome di James Bond fu rubato da Fleming a quello di un ornitologo britannico che divenne suo malgrado omonimo del più famoso agente segreto della letteratura e del cinema. Contrariamente al personaggio cinematografico, divenuto un eroe atemporale, Fleming dipinge per 007 una biografia piuttosto precisa: nato l’11 novembre 1920 dallo scozzese Andrew Bond e dalla svizzera Monique Delacroix, il giovane James rimane orfano molto presto di entrambi i genitori a causa di un incidente alpinistico. Educato al College di Eton e all’Università di Ginevra, si distingue come eccellente sciatore e scalatore quanto indisciplinato studente. Nel 1941 diviene ufficiale della Marina Militare Britannica, per poi approdare all’MI6, il servizio segreto di Sua Maestà, dove si guadagnerà presto sul campo il doppio zero, identificativo della licenza di uccidere.  In questa dettagliata biografia spicca anche il matrimonio con la timida Teresa Draco, cosa piuttosto singolare pe un personaggio divenuto famoso anche come rapace seduttore. Ma la sua luna di miele si trasformerà ben presto nell’incubo che più di ogni altra segnerà il carattere cupo e tormentato di 007: la sua neosposa sarà eliminata per errore dal capo della Spectre in persona, il diabolico Ernst Stavro Blofeld, nell’ennesimo tentativo di uccidere Bond.

Il pubblico si mostra, del resto, così affezionato a James Bond che le sue avventure avranno un seguito anche dopo la prematura morte di Ian Fleming. Le avventure di 007 continueranno per opera di scrittori come Robert Markham, Christopher Wood, John Gardner, Raymond Benson, Jeffery Deaver, William Boyd, per non interrompere una saga letteraria che, si può dire, abbia attraversato i secoli. Con lettori di tutto il mondo che continuano a gradire le imprese di 007 e a leggere  sempre con immenso piacere il loro agente favorito ripetere  la  celebre battuta: “My name is Bond, James Bond!”.

 

 

21-09-2014 | 21:59