Il punk bolscevico

“Poco prima di morire non riusciva più a parlare, quasi una beffarda legge del contrappasso per lui che era un oratore torrenziale. Il cancro si era impossessato della sua mandibola, non riusciva più neanche a mangiare. Ma guai a parlargli della malattia, ti mandava affanculo se osavi toccare l’argomento”. Il soggetto in questione è Eduard Limonov, una delle figure più controverse, enigmatiche e al contempo magnetiche della seconda metà del Novecento: poeta, scrittore, politico, dissidente, fondatore dell’irregolare Partito Nazional Bolscevico russo, diventato famosissimo in occidente grazie alla biografia romanzata che gli ha dedicato Emmanuel Carrère nel 2011. A raccontare al Fatto Quotidiano le sfaccettature più sottaciute e ambigue del dissidente russo è Sandro Teti, editore italiano e grande amico di Limonov: “Lo conobbi nel 1992 davanti al mausoleo di Lenin – spiega Teti – c’era una folla che definire pittoresca è poco: trotskisti, monarchici, zaristi, eversivi, disperati, punk, come se i movimenti underground del Novecento si fossero dati appuntamento quel giorno. Mi trovai di fronte a un uomo moto duro, brusco, ma intellettualmente magnetico, circondato da donne giovani che lo veneravano e che cercavano di penetrare il cordone di sicurezza delle sue guardie del corpo”. Limonov ha speso tutta la sua vita in direzione contraria rispetto al Potere, di qualsiasi colore fosse: dissidente a New York, dissidente con Boris Eltsin, con Valdimir Putin, ma anche in collisione con i neocomunisti, guerrigliero al fianco dei serbi nell’ex Jugoslavia, alleato dell’ex campione di scacchi e attivista Garri Kasparov, leader del blocco politico Altra Russia. Il Partito Nazional Bolscevico da lui fondato non è stato riconosciuto ma oggi ne è nato un altro, questa volte regolare, che porta il suo nome in calce alla sigla. E poi ha aderito ai movimenti punk, bisessuale irriverente negli anni Settanta, provocatore del pensiero comune, donnaiolo impenitente – “ha amato migliaia di donne” – insomma un irregolare che metteva insieme, come un ossimoro vivente, il primo Mussolini con Lenin, il punk col Comunismo, il nazionalismo con l’imperialismo russo. “Non è mai stato internazionalista – aggiunge Teti – nel senso che amava quell’imperialismo russo che dava, più che prendere, alle colonie. Ha combattuto ogni forma di potere costituito, fosse questo di destra o di sinistra: quando incontrò Jean-Marie Le Pen lo definì “nient’altro che un borghese inserito nel sistema”. Preconizzatore del caos ideologico che viviamo oggi, delle contraddizioni dove capita che i partiti progressisti abbiano consenso nell’establishment mentre quelli conservatori in quello che un volta, senza pudore, si chiamava proletariato. La bandiera del suo Partito Nazional Bolscevico era la crasi visiva di quella comunista e quella nazista: “Limonov – dice Teti – era seguito per lo più da gente di estrema sinistra, però trovava consenso anche nella destra estrema. Tutto questo perché attorno a lui orbitavano persone che vivevano nel disagio sociale più spinto: dai russi traditi dalla politica neolibersita di Eltsin agli americani delle periferie più estreme e disagiate, insomma le banlieue del mondo per capirci”. Venne più volte arrestato per azioni clamorose, dal traffico d’armi a gesta tanto simboliche quanto pericolose, come issare la bandiera russa in Ucraina durante il conflitto tra i due Paesi. In Russia venerato, in occidente meno, fino al libro di Carrère, che lo dipinge come un eroe moderno sempre contro: “Non amava troppo Carrère – dice Teti – ma riconobbe che quel libro gli diede grande notorietà in tutto il mondo occidentale, quindi utile per la sua causa. Perché, e questo va detto, Limonov non ha mai chiesto niente a nessuno, il suo orgoglio era inscalfibile. Però veniva foraggiato da tanti, dal giro che orbitava attorno allo Studio 54 di New York fino a molti oligarchi russi di oggi, cosa strana per uno che è contro Putin. Lo finanziavano di nascosto…”. Su di lui girava anche la nomea di antisemita, ma Teti la rigetta categoricamente: “Tanti giovani ebrei hanno aderito al suo partito, la sua prima moglie era ebrea, dunque niente di più falso. Certo, quando metti insieme tutti gli ultimi del mondo qualche rivolo non appartenente al tuo pensiero si insinua”. Eduard Limonov venne in Italia negli anni Settanta, in attesa del visto per gli Stati Uniti: volle incontrare Pasolini ma non ci riuscì. Conosceva l’intera opera di Pasolini, tanto che – racconta Teti – leggendo le sue riflessioni su Villa Giulia, dove il poeta italiano difendeva i poliziotti in quanto veri figli del popolo a differenza dei manifestanti, cambiò la sua idea anche sui secondini che incontrò in carcere: “All’inizio li odiava, poi leggendo Pasolini provò comprensione per loro, vestiti con quelle divise di poco pregio <che puzzavano di plastica e merda>, disse”. L’orizzonte di lotta di questo poeta e politico russo era forse concentrata contro l’omologazione dei popoli che la globalizzazione aveva portato – Pasolini diceva una cosa simile parlando del capitalismo, spiegando che dove non era riuscita una camicia nera ad irreggimentare gli italiani, che un volta caduto il Fascismo tornarono a essere gli stessi di prima, riuscì la società dei consumi “che si era impossessata di loro da dentro”). Limonov è stato osteggiato, arrestato, venerato come un asceta, odiato come un fascista, odiato come un comunista – dipendeva da che parte lo si guardava – però è come se fosse riuscito a federare il disordine che era uscito dal crollo del muro di Berlino e dalla fine delle ideologie: “Un pauperista soprattutto, odiava lo sfarzo, preferiva le bettole agli hotel di lusso, però sapeva stare ovunque, sia con i miliardari sia con gli ultimi. Ed in entrambi i casi era a suo agio”. Per la casa editrice Sandro Teti sono già usciti diversi libri inediti di Limonov e altri ne usciranno dal 2022, libri di poesia e di prosa – tra questi “Ora zero”, “Vacanze Americane”, “Sotto il cielo di Parigi” – compreso il suo più grande successo “Il poeta russo preferisce i grandi negri”, per la prima volta tradotto direttamente dal russo (e non dal francese). “Capire Limonov è importante per capire le contraddizioni del secolo scorso – dice Teti – per questo ci impegniamo a divulgare la sua opera completa”. Che racconterà sì gli spigoli del Novecento, ma anche quelli del nuovo millennio. Vasti e controversi, come lo era questo poeta dissidente.

 

 

 

 

12-08-2021 | 13:44