Il cielo miliardi di anni fa

Il 23 ottobre scorso, dopo 4 anni e mezzo trascorsi a “scannerizzare” l’intera volta celeste, il telescopio spaziale Planck è stato definitivamente spento per mano di Jan Tauber, l’astrofisico che ne ha diretto il programma scientifico, e che, dal centro operativo dell'ESA di Darmstadt, oggi ha "staccato la spina", disattivando definitivamente i trasmettitori del satellite. Lanciato nel 2009 dallo Spaceport europeo di Kourou, nella Guyana francese, a bordo di un Ariane 5 (anch’esso made in Europe), Planck è rimasto letteralmente “sospeso” a un milione e mezzo di chilometri di distanza dalla terra, in un punto dello spazio ideale per studiare l’ evoluzione della materia cosmica nel tempo.  Una speciale finestra detta punto lagrangiano 2 o L2 (i punti lagrangiani – 5 in tutto – furono scoperti dal matematico Joseph Louis Lagrange, nato a Torino nel 1786, e sono speciali zone dello spazio  dove le forze gravitazionali e il moto orbitale di un corpo sono in equilibrio, consentendo al corpo stesso di restare sospeso in una posizione stabile nello spazio, senza essere vincolato a muoversi attraverso un'orbita), dove la forza gravitazionale del Sole e della Terra sono in equilibrio tra loro, consentendo così a Planck di restare sospeso, dietro la terra (vista dal sole), ad una distanza quattro volte quella tra la terra e la luna, per mappare l'intera volta celeste senza disturbi del calore del sole, della terra e della luna. Mentre deriva verso le profondità del vuoto intersiderale, Planck rimarrà in un'orbita "di parcheggio" attorno al sole, a distanza di sicurezza dal sistema terra-luna, per centinaia di anni. Non invierà più alcun segnale alla terra (per evitare radio interferenze con missioni future nella stessa zona). Ma ha già lasciato un'eredità scientifica che terrà occupati gli scienziati per molti anni.

Dalla sua speciale finestra sull'universo profondo (e quindi anche antico), Planck ha soddisfatto nel modo più dettagliato e preciso mai raggiunto finora quello che Henri Poincarré ha definito "uno dei bisogni esistenziali dell’essere umano: raccontarsi la storia dell’universo e ricostruirne l’evoluzione". Nientedimeno che fotografandone, letteralmente, il momento più significativo: la nascita della luce, il biblico fiat lux.  In termini scientifici, è il momento in cui, 380 mila anni dopo il Big Bang, i fotoni si sono "liberati" per la prima volta da quel plasma di elettroni e protoni che li intrappolavano, rendendo l'universo, da opaco che era, per la prima volta trasparente. Fu in quel momento che l'universo cominciò a “raffreddarsi”: la sua temperatura diminuì dai miliardi di gradi del Big Bang a 2700 gradi centigradi, quanto basta per permettere agli elettroni e ai protoni di "ricombinarsi" in atomi di idrogeno e ai fotoni di viaggiare liberamente attraverso l'universo. Questa luce, che nel momento iniziale saturava tutto lo spazio e che da allora si propaga ininterrottamente in ogni sua direzione, si chiama in termini tecnici radiazione del fondo cosmico a micro-onde, perché da quel momento in cui l'universo si è espanso (e conseguentemente anche raffreddato), questa luce/radiazione si trova oggi su una lunghezza d'onda corrispondente alle micro-onde, ossia come emessa da un corpo ad una temperatura di soli 2,7 gradi sopra lo zero assoluto. E' stata scoperta casualmente nel 1964 dai radio-astronomi Arno Penzias e Robert Wilson, insigniti del premio Nobel per la fisica 1978 per aver trovato questa radiazione nelle micro onde, isotropa in tutto il cosmo, residuo dell'esplosione iniziale, proprio come avevano previsto cosmologi come Gamow, autori della Big Bang theory.  Dopo questa prima prova della sua esistenza, la radiazione fossile del Big Bang è stata l'obiettivo di molti studi ed esperimenti, alla ricerca delle piccole distorsioni nel suo essere uguale in ogni direzione (isotropia). Prima di Planck, un’immagine rudimentale della CMB era stata vista dal telescopio spaziale COBE, poi, ad una risoluzione un po' più alta, da WMAP, (entrambi telescopi NASA) . Ma la vera fotografia digitale, ad alta risoluzione, a tutto cielo e con una precisione e un dettaglio senza precedenti è quella di Planck, del marzo di quest'anno (foto sotto). Fotografare a tutto cielo, e con questo livello di risoluzione e sensibilità, la prima luce dell’Universo, residuo fossile della radiazione provocata dal Big Bang, è senza dubbio una conquista straordinaria della cosmologia osservativa. Per alcuni "un’opera d’arte".   "Se sei religioso, vedi Dio in quell'immagine" ha commentato George Smoot, astrofisico, premio Nobel per la fisica 2002 (proprio per la prima rudimentale immagine della CMB ottenuta da COBE). Per capire la portata rivoluzionaria dell'immagine di Planck, occorre tradurre il significato di quelle "macchioline" di colore diverso, che evocano, nell'immaginario di chi astrofisico non è, piuttosto un paesaggio neo-impressionista (pointilliste). 

Ognuna di quelle macchioline è una zona dello spazio, grande in realtà tanto da comprendere almeno una galassia, così come si presentava 13 miliardi e ottocento milioni di anni fa. E i colori diversi corrispondono a leggere fluttuazioni di temperatura tra queste zone, dovute a leggere variazioni di densità del plasma primordiale, che sono l'origine delle strutture stellari e galattiche dell'Universo di oggi. Quelle "macchioline" sono i semi delle nostre galassie. E l'immagine di Planck è l'immagine del cielo primordiale, un proto-cielo, il cielo di 13 miliardi e 800 milioni di anni fa. Grazie a Planck, possiamo dire oggi che non siamo più figli delle stelle, ma figli delle variazioni della densità e delle leggere fluttuazioni della temperatura dell'Universo primordiale. Siamo figli di una fluttuazione cosmica. Nell'immagine di Planck, si vede a scala macroscopica la fluttuazione quantistica, esplosa da un meccanismo ignoto (la cosiddetta inflazione). Probabilmente la stessa che i fisici delle particelle vedono nella produzione di un quanto del campo di Higgs (il bosone del mio precedente articolo) nello scontro tra fasci di protoni all'interno di LHC. In quell'immagine delle nostre origini convergono i due infiniti: l'infinitamente grande dell'astrofisica e l'infinitamente piccolo della fisica sub-nucleare. Variazioni, fluttuazioni: parole chiave della nostra storia cosmica ed evolutiva (come non pensare alla mutazione darwiniana?).  E' questo il risultato più significativo, la precisa convergenza di tutte le scienze, verso un unico grande meccanismo all'origine di ogni cosa: una nuova visione della materia, dell' Universo e delle nostre origini più antiche. 

03-11-2013 | 17:37