Finita anche l'ultima vergogna

Ieri ben 8523 reperti archeologici sono stati restituiti dalla Germania alla Grecia. Circa quattrocento chilogrammi di gioielli, armi, statuette e altri manufatti risalenti a oltre 7000 anni fa sono tornati nella penisola ellenica dopo 73 anni di permanenza in diversi musei e università tedesche.

L'evento, che è stato motivo in Grecia di forte interesse dei media, si è svolto alla presenza del ministro della cultura e rappresenta l'ultimo atto di una storia a dir poco incredibile che presenta ancora oggi molti aspetti oscuri.

Correva l'anno 1941, all'indomani della conquista italo-tedesca della Grecia, i nazisti inviarono un'equipe di archeologi guidata dal professor Hans Reinerth a Salonicco con l'intento di dimostrare storicamente che l'antico popolo greco avrebbe avuto un'origine germanica. Questa spedizione avveniva sotto il controllo dell'Ahnenerbe, un dipartimento delle SS il cui nome significa letteralmente “eredità ancestrale” e che aveva come scopo di promuovere ricerche archeologiche e antropologiche tese alla dimostrazione della superiorità razziale ariana. Gli archeologi tedeschi scavarono per alcuni giorni sulle colline attorno a Salonicco e recuperarono migliaia di reperti che subito furono inviati in Germania. Il professor Reinerth stilò una relazione dai toni entusiastici nella quale affermava chiaramente di aver trovato prove inconfutabili della presenza in Grecia di manufatti di chiara origine nordica, ma in realtà si trattava solo di fantasie. Reinherth infatti preso dalla frenesia di dover dimostrare a ogni costo le teorie pseudo-antropologiche sulle quali buona parte dell'ideologia nazionalsocialista si basava, aveva deliberatamente spostato pietre durante gli scavi fino a creare un presunto basamento rettangolare di un'abitazione, evidenza della fattura nordica di tale edificio. Ma i toni trionfalistici dell'archeologo furono subito smorzati dalla delusione di Hitler, che più che piccoli frammenti di vasi e punte di lancia arrugginite quasi irriconoscibili, si sarebbe aspettato il ritrovamento di statue di dei nordici a dimensione naturale e palazzi interi ottimamente conservati. Ma le sorti belliche della Germania non permisero a Reinerth di proseguire le sue ricerche, e anzi dovette nascondere i reperti di Salonicco per metterli al sicuro dai bombardamenti.

La spedizione archeologica in Grecia fu solamente una delle tante avvenute sotto il controllo dell'Ahnenerbe. Archeologi e scienziati furono inviati in decine nelle nazioni più disparate per ricercare le tracce di una “Grande Germania” ante litteram; secondo questa teoria, infatti, tutte le grandi civiltà del passato avrebbero avuto un'origine ariana e germanica.

In Italia ad esempio le spedizioni archeologiche furono tre: in Val Camonica, in Calabria e in Sardegna. Nella prima furono studiate le incisioni rupestri e si arrivò alla conclusione che l'antica Roma fosse stata fondata da ariani nordici e che tutti i re e gli imperatori della città capitolina fossero di origine germanica, in Calabria gli archeologi cercarono senza successo la tomba del condottiero visigoto Alarico, in Sardegna furono visitate le città di Olbia e Cagliari, ma è ancora un mistero quali siano stati i risultati.

Oltre alle nazioni europee, l'interesse per i nazisti nella dimostrazione che alla base di ogni civiltà vi fosse la razza ariana indoeuropea se non propriamente il popolo paleogermanico divenne in quegli anni una vera ossessione di gerarchi come Himmler, Goering e dello stesso Hitler e si arrivò a finanziare spedizioni che produssero conclusioni a dir poco surreali. In Bolivia ad esempio, gli archeologi che studiarono i portali megalitici nel sito precolombiano di Tiwanaku arrivarono alla conclusione che questi presentassero evidenti analogie con strutture europee e non potevano che essere stati realizzati solamente da ariani nordici arrivati in Sudamerica milioni di anni prima al tempo delle glaciazioni. Ma probabilmente la spedizione archeologica ed antropologica sulla quale i nazisti investirono di più, fu quella che vide decine di scienziati dalle specializzazioni più diverse recarsi in Tibet per più di un anno tra il 1938 e il 1939 con lo scopo di ritrovare tracce dei primi popoli indo-ariani che poi avrebbero costituito il nucleo migratorio principale delle future genti europee. Ma in questo caso oltre delle solite conclusioni pseudo-antropologiche e pseudostoriche, tra le quali vi fu la teoria che Gautama Buddha fosse un nordico ariano, fu compiuto anche un serio studio della usanze dei popoli tibetani, della fauna, della flora e della geologia della regione.

A distanza di più di mezzo secolo le deliranti e grottesche spedizioni archeologiche dei nazisti continuano ad inquietare e ad essere avvolte in un alone di mistero che probabilmente resterà tale in eterno.

 

 

08-07-2014 | 12:05