Che il mostro ci faccia riflettere
Che angolo sfortunato di Venezia ci tocca scoprire, che Malcanton come, in altri tempi, lo avrebbero sarcasticamente soprannominato i veneziani. Non bastava lo scivoloso Ponte della Costituzione progettato dall’architetto spagnolo Santiago Calatrava sul Canal Grande.
Proprio in quell’ansa sfortunata del canale tra Piazzale Roma e la Stazione ferroviaria di Santa Lucia è stato anche realizzato un nuovo edificio, ampliamento del cinquecentesco Albergo Santa Chiara. Accanto ad un antico palazzetto con timpano e trifore sovrapposte è stato incollato un parallelepipedo rivestito di pietra bianca progettato dagli architetti Antonio Gatto, Dario Lugato e Maurizio Varratta. Si sono così concentrati, in poco tempo, in quell’angolo nevralgico, due interventi edificatori davvero – e il gioco di parole sottolinea – poco edificanti.
Tutto questo nel punto di arrivo dei visitatori che raggiungono in auto o in treno la più bella città del mondo. Quest’ultima costruzione, l’ampliamento di 19 camere dell’hotel, ha ottenuto l’autorizzazione del Comune, della Soprintendenza e della Commissione Regionale per la Salvaguardia di Venezia.
Non esiste nessuna relazione con l’edificio attiguo se non la contiguità fisica. Non esiste nessuna relazione con i caratteri stilistici di Venezia che si sono evoluti nei secoli mantenendo una inconfondibile identità propria. Unico riferimento al linguaggio architettonico veneto sono le finestre binate della facciata priva però di qualsiasi equilibrio compositivo.
Al di là di sterili polemiche per l’ennesimo scempio edilizio questa vicenda potrebbe non essere del tutto inutile se servisse ad aprire una riflessione seria su come intervenire nelle città storiche. Salvatore Settis, come sempre autorevole, nel suo libro “Se Venezia muore” ci ricorda che “le città storiche sono insidiate dalla resa a una falsa modernità, dallo spopolamento e dall’oblio di sé.” E lapidario afferma che “La bellezza non salverà niente e nessuno se noi non sapremo salvare la bellezza.”