Che cos'è un Califfato?

Se mi vedete nella Verità supportatemi, ma se mi vedete nell’errore avvisatemi, consigliatemi e portatemi sulla retta via e obbeditemi finché io non obbedirò ad Allah per voi.”

“Io non sono qui a promettervi come fanno i re o i governanti che promettono ai loro cittadini lusso, prosperità, sicurezza e benessere. Prometto invece secondo quello che Allah, beato sia lui, ha promesso ai suoi servi credenti.”

Queste due citazioni, tratte dal lungo discorso di Abu Bakr al Baghdadi al Qurashi al Husseini del 29 giugno scorso, mettono in luce alcuni aspetti caratteristici del pensiero islamico.

Nella moschea irachena di Mosul il capo dello Stato islamico ha proclamato la nascita di un nuovo Califfato. Una notizia dirompente, non solo nel mondo musulmano, visto che l’istituzione fu abolita dal turco Kemal Atatürk nel 1924.

Nella prima frase scelta è in primo piano il forte senso comunitario, tipico della tradizione islamica. L’archetipo rappresentato da Muhammad e dai suoi primi seguaci si presenta nella seconda citazione estratta, dove la promessa è quella di rimanere aderenti esclusivamente all’insegnamento divino.

Prima di spiegare cosa rappresenta il Califfato nell’Islam è bene eliminare una semplificazione ed una mistificazione che inquinano il discorso.

Innanzitutto non ci troviamo di fronte ad una costola di al Qaeda, la rottura tra i due gruppi si è consumata durante il jihad in Siria. Ideologia e tattiche di combattimento sono molto simili ma c’è una differenza di base che li distingue, recenti frizioni a parte. Gli uomini di al Baghdadi si sentono parte di uno Stato (dawlah), quelli di al Qaeda di un gruppo (jamaat).

In seconda analisi è necessario smontare una tesi presentata come dato di fatto incontrovertibile. Gli attuali disordini, secondo la vulgata comune, derivano dalla discutibile guerra di George W. Bush e con Saddam Hussein in carica la crisi del governo sciita sarebbe sotto controllo. Senza tornare immediatamente all’antichissima e traumatica divisione tra sunniti e sciiti si può riavvolgere il nastro della storia al 1802. In quella data fedeli wahabiti, dottrina radicale adottata dalla dinastia dei Saud, operavano in Iraq massacrando gli sciiti, considerati traditori; la stessa identica cosa accade in questi giorni per mano dello Stato islamico. Il richiamo storico è fondamentale per capire come la regione da tempo sia insanguinata da massacri reciproci, non di certo per colpa di un intervento occidentale.

Tornando al discorso di al Baghdadi possiamo ora spiegare l’importanza del Califfato nell’Islam, soffermandoci sul periodo storico che ispira lo Stato islamico. Stiamo parlando dei trent’anni successivi al 632, anno in cui morì il Profeta: ovvero l’epoca del califfato storico dei Rashidun, i quattro “Califfi ben guidati”. Perché è così rilevante e per quale motivo in tanti vogliono ricreare le condizioni in cui visse e agì il Messaggero di Dio?

La radice araba kha-la-fa, presente in numerose lingue semitiche, in arabo riunisce i significati di “delega” e “successore”. Il califfato serve dunque a sostituire il Profeta, preservando la solidarietà tra i credenti per il bene della comunità.

Tra i seguaci di Muhammad si potevano distinguere tre gruppi distinti: i primi compagni, le tribù alleate di Medina (Ansar) e le famiglie di Mecca convertite per ultime. Abu Bakr, al Baghdadi usa questo nome per creare un rapporto con il passato mitico, fu il primo Califfo. Suocero del Profeta, che aveva sposato sua figlia Aisha, allargò i confini arabi combattendo proprio in Iraq e Siria contro un impero bizantino in crisi.

Il secondo califfo ‘ Umar, proposto da Abu Bakr, faceva anch’esso parte della famiglia del Profeta, i Bànu Quraysh. Non a caso al Baghdadi ha aggiunto al proprio nome “al Qurashi” per indicare una poco probabile discendenza da Muhammad. Un nuovo modo di esercitare il potere, con accampamenti fortificati dove venivano collocati i soldati arabi, diede slancio alle conquiste. Tuttavia iniziarono a sorgere contrasti tra fedeli della prima ora e convertiti meccani. Uthman, appartenente al ricco clan omayyade dei Quraysh, divenne il terzo califfo cercando una continuità con i due predecessori. Le sue politiche mirate a favorire la propria famiglia fecero nascere un movimento di ribellione che portò alla sua uccisione. Inizio una sanguinosa guerra civile che vide in lotta Ali, quarto califfo e cugino del Profeta, e Mu'awiya, governatore della Siria parente stretto di Uthman. Dopo una serie di battaglie fratricide la diatriba si concluse con un arbitrato che passò il potere nelle mani di Mu’awiya. Con la dinastia omayyade a guidare la comunità il califfato si trasformò in un’istituzione ereditaria.

L’era dei Rashidun si chiuse per questa controversia, diventata la base della profonda spaccatura tra sciiti e sunniti.

Al Baghdadi, anche chiamato Califfo Ibrahim, vuole così conquistare Baghdad impegnandosi a combattere gli sciiti. Ricostruire un regno che rispetti la legge islamica dalla Libia all’Iran è un progetto politicamente folle al momento. La proclamazione del Califfato è comunque una prova di forza da parte di un leader politico e religioso che mostra la propria superiorità su chi predica non riconoscendo la sua autorità.

Quando Ibrahim dice: “Il mondo sappia che stiamo vivendo in una nuova era”, intende proporre un ritorno al passato mitico dei Rashidun.

Risalendo l’albero genealogico della tradizione il gruppo vuole portare avanti una ricerca incessante verso l’unità della comunità musulmana, presentandosi come custodi della vera natura dello Stato stesso. 

 

 

22-07-2014 | 11:02