Cappuccetto Rosso deve morire /33

17.00

Erano le cinque e qualche minuto e visto che stava girando per fra la costa e l’entroterra da un’ora circa, era sul punto di allertare chiunque per acciuffare Russo: a costo di mobilitare la forestale per bloccargli l’aereo.

Aveva terminato un quarto d’ora prima una telefonata con l’Ispettore. Che gli aveva confermato di aver perquisito Roberta Giano non appena era rientrata e di averla fermata.

«Ma la situazione è diversa, dottore: lei ha una mezza tresca con Russo, ma il marito... Insomma, dottore, non è una situazione semplice».

«Ma che problema c’è con questo marito?!».

«È morto due settimane fa».

«E allora?».

«Gli ha telefonato davanti a me cinque minuti fa. Ci ha parlato, ci si è incazzata, ma non stava parlando con nessuno. Dottore, qui c’è da chiamare lo psichiatra».

La notizia lo aveva atterrito: non poteva che ritenersi colpevole, anche solo in parte, del crollo psicologico di quella donna. Se lo ripeteva da che aveva terminato la chiamata. Non era più “Andandosene”, ma “Andata”.

Finalmente, a un certo punto, avvistò la jeep del Villaggio. Sembrava che fosse in panne e che Alberto Russo stesse rovistando nel motore cercando di farlo ripartire. Il Commissario, allora, sterzò, precipitandosi giù per la discesa ammantata di macchia mediterranea. Altri avrebbero perso il controllo del mezzo, lui invece sembrava non avere nessun problema. Il manager si girò di scatto sentendo il rumore tremendo dell’auto che scivolava per il dorso terroso portandosi appresso una nuvola di polvere enorme. Gli fece impressione vedere l’auto che sembrava fuori controllo e il guidatore tranquillo col mezzo sigaro al lato della bocca. Con una manovra che non capì bene, vide il Commissario bloccare la jeep sulla strada come se vi fosse appena arrivata da un rettilineo.

Scese puntandogli addosso una pistola.

«Che fa?».

«Non si muova, Russo».

«Suvvia, Commissario, pensa che sia armato?».

«No, in effetti no» e se la rimise nella fondina. Gli piantò gli occhi addosso e gli disse: «È abbastanza probabile che Marinaro sia rimasto da Antico fino alle nove e trenta: ci vuole tempo per andare in direzione, rintracciare il direttore, fargli aprire la cassaforte e tornare indietro. Nell’arco di una mezz’ora, quindi diciamo per le dieci, lei dev’essere andato da Marinaro per avere schedino. Marinaro le dice di averlo già venduto ad Antico e aggiunge che sa di cosa si tratta: è a questo punto che Marinaro fa la cazzata di ricattarla».

«Marinaro non mi ha mai ricattato, cosa sta dicendo? Le assicuro che non so niente di questo schedino».

«Subito dopo, probabilmente verso le dieci e trenta, ritorna al suo bungalow, prende la foto e fracassa la civetta nel tentativo di occultarla: purtroppo per lei il servizio di pulizie in quella parte del Villaggio arriva solo dopo le undici, ecco perché ho ritrovato i frammenti di terracotta nel cestino del bagno. Dopodiché, con la foto, va da Antico e gli propone uno scambio con lo schedino, riuscendo a tornare al suo bungalow proprio cinque minuti prima che arrivassi io, quindi alle undici meno cinque».

Russo manteneva il suo aspetto fresco e tranquillo, anche se la sua faccia sembrava più tirata del solito. Il Commissario si accese il sigaro e sbuffò una nuvola acre come il suo umore.

Il manager sembrava come indeciso: probabilmente era sul punto di scappare, ma facendolo si sarebbe messo le manette da solo. Sapeva, sapeva per certo che contro di lui, al massimo, c’erano solo prove indiziarie. Quindi non avrebbe avuto senso scappare. Ma anche rimanere lì era rischioso: se il Commissario gli avesse trovato addosso lo schedino sarebbe stato come farsi trovare con un coltello da macellaio sporco di sangue in tasca sulla scena di uno squartamento. A quel punto, semplicemente, si disse che poteva stare tranquillo, perché – se, come immaginava, non avevano niente in mano – non potevano avere nemmeno un mandato, e lui se ne sarebbe partito tranquillamente nell’arco di un paio d’ore. Sì, non potevano perquisirlo, non potevano fermarlo, non potevano provare nulla, e lo schedino era ben nascosto.

«Molto bene, lei sembra convinto. E allora, siccome voglio uscire pulito da questa storia, e sono una persona onesta, dica lei cosa dobbiamo fare».

«Salga sulla mia jeep».

«E la jeep del Villaggio?».

«La manderemo a prendere».

Russo assentì e si diresse verso i propri bagagli, posizionati sui sedili posteriori e del passeggero. Gli occhi del Commissario, stretti come tagliole, gli pesavano più delle valige che stava portando all’altra jeep.

02-11-2015 | 12:02