Buon compleanno campione triste

Per un incontro gli diedero una borsa di 60 milioni di dollari. Ovviamente vinse quell’incontro, era all’apice della carriera. La leggenda racconta che il giorno dopo, insieme alla sua pletora di cortigiani impenitenti, andò da un concessionario Ferrari e ne comprò cinque, ovviamente del modello più costoso. Poi entrò in una gioielleria e prese un diamante grosso come una noce. Infine ordinò due tigri bianche da tenere nel giardino della sua villa a Las Vegas. Insomma in poche ore aveva già dilapidato la metà dei dollari che aveva guadagnato sul ring della sera prima.

Un’altra volta, sempre da campione del mondo di tutte le categorie possibili, venne in Italia. Lo andò a prendere all’aeroporto Rino Tommasi – il più grande commentatore di boxe e tennis che abbiamo mai avuto – e durante il tragitto tra Malpensa e il centro di Milano ad un certo punto chiese all’autista di fermarsi. Rino Tommasi raccontò che scese dalla macchina, prese per mano una prostituta che era sul ciglio della strada e la portò nel boschetto a fianco: mezz’ora di attesa. Poi tornò in auto e disse “let’s go”.

Oggi compie 50 anni Mike Tyson, colui che è stato il più giovane campione del mondo dei pesi massimi nella storia del pugilato. Aveva, infatti, 20 anni 4 mesi e 22 giorni quando nel 1986 mise al tappeto il mito di Trevor Berbick (capace a sua volta di mettere al tappeto nell’ultimo incontro della sua carriera the greatest Muhammad Alì). E poi a seguire picchiò anche James Smith, detto “Spaccaossa” e Tony Tucker, detto “TNT”. Poi, in una manciata di secondi di qualche mese dopo, mandò al tappeto un altro mito: Michael Spinks. Risultato? Tutte le corone dei pesi massimi avvinghiate al suo busto taurino.

Poi gli altri che caddero sotto i suoi colpi fanno una lista degna della walk of fame del pugilato: Tyrrel Biggs, Larry Holmes, Frank Bruno, Carl Williams e tanti altri. In un’intervista disse: “A volte, quando sono in casa sul divano, pensò a cosa starà facendo, come si chiamerà e quanti anni avrà quel bambino che tra tanti anni mi butterà al tappeto…”. Invece al tappeto lo ha buttato la vita stessa – cose che capita sovente ai pugili: al tappeto con un signor nessuno come James “Buster” Douglas ci andò alla decima ripresa in un incontro che puzzava tanto di venduto o, alla meglio, affrontato senza allenamento, tanta era la spocchia che abitava Iron Mike in quegli anni.

Poi a ruota la vita che frana come una slavina e le cose che tutti conosciamo: l’arresto per stupro, il carcere, la squalifica, il ritorno sul ring, le sconfitte con Evander Holyfield, l’orecchio di questo strappato a morsi, i tanti matrimoni, i tanti figli, la bancarotta – Tyson che in carriere ha guadagnato qualcosa come un miliardo di dollari resta senza il becco di un quattrino. Fino al ko netto sùbito da un altro gigante del pugilato, quel Lennox Lewis che metterà definitivamente la parola fine alla carriera del nostro.

Una vita fatta di risse, carcere minorile, disagio sociale: quando, bambino, un ignaro teppista gli uccise le sue amate colombe lui lo prese a botte fino a mandarlo all’ospedale. Però, a differenza di tanti suoi colleghi – come lui nati nel disagio e cresciuti nel nulla materiale ed esistenziale – Mike ha sempre avuto un velo di estrema umanità, che trapelava da quegli occhi da bestia e che in pochi hanno saputo leggere. Occhi che raccontavano più di ogni parola quanta vita “suo malgrado” ci fosse dentro a quel bestione con il corpo da gorilla. Occhi melanconici, di chi le ha vissute e viste tutte, e che forse non volevano essere così: chissà se Mike fosse stato adottato da piccolo, se fosse riuscito a scappare per tempo da quell’inferno in terra che era il suo quartiere di Brooklyn, cosa sarebbe diventato? Ma come altra faccia di quella medaglia bizzarra che è la vita ci si può chiedere cosa sarebbe diventato anche se non avesse incontrato Cus D’Amato, il suo storico allenatore che lo prelevò dalla tugh-life, vita da brigante, e non lo avesse messo con due guantoni su quel putrido ring di periferia. Quel Cus che lo ha fatto diventare ciò che è stato – il suo insegnamento più importante: mandarti a vuoto col busto e poi gancio al corpo e montante, che grazie a Tyson è diventata una combinazione da storia di questo sport.

In un certo momento della sua vita ha avuto tutto: donne da sogno, ville da star di Hollywood, tigri bianche in giardino, persone che lo veneravano – e lo prosciugavano – come una divinità, copertine di giornali, fama planetaria. Ma lui non si è mai davvero “civilizzato”, ha sempre mantenuto intatta quella rabbia che aveva riversato sull’ignaro per le sue colombe, è sempre stato al limite della legalità.

A fine carriera si fece un tatuaggio nuovo, ma non dove se lo fanno tutti gli altri, lui se lo fece in faccia: “odiavo il mio volto, volevo letteralmente cambiarmi i connotati” – visto che nessun pugile ci era riuscito.

E oggi, nel giorno del suo cinquantesimo compleanno, magari ripensando alla sua vita fatta di eccessi, chissà se Mike sarà in grado di trovare il senno che non ha mai avuto, quella tranquillità sempre cercata e mai trovata. Noi ce lo auguriamo. E se ce la farà a far volare alto il suo sogno, c’è da giurarci, questo avrà ali molto grandi. E saranno ali di colomba.

Buon compleanno campione.

 

 

30-06-2016 | 14:44