Aristotele e il ricordo di una volpe

Politici sanguisughe? La convinzione è antica. E non riguarda soltanto l'Italia. Del resto, l'esperienza insegna che al peggio non c'è fine. Perciò è inutile pensare di voltare pagina: il libro rimane sempre lo stesso. E la politica resta per molti una corsa all'arricchimento personale. Oggi come ieri. Ecco, ad esempio, che cosa ne pensava Esopo, secondo la testimonianza di Aristotele: i politici sono sanguisughe e non solo in senso metaforico. La casta esisteva già e il bestseller di Stella e Rizzo sarebbe stato scritto 2500 anni dopo. Anche “La volpe e il riccio” di Isaiah Berlin doveva essere ancora dato alla luce. Ma, ora come allora, chiunque legga la favola, può rispondere intuitivamente alla domanda sulla base della sua visione del mondo: ti senti più riccio o più volpe?

La volpe e il riccio (Esopo).

Esopo, difendendo un politico di Samo che in un processo rischiava la condanna a morte, disse: "Una volpe stava attraversando un fiume, ma venne trascinata dalla corrente in un precipizio. Incapace di uscirne, se ne stette a lungo in una condizione assai fastidiosa, assalita da molte zecche. Allora un riccio, che vagava da quelle parti, come la vide, ne ebbe pietà e le chiese se dovesse rimuovere le zecche, ma lei rifiutò. Quando il riccio gliene chiese il motivo, la volpe rispose: "Queste zecche sono già sazie e mi hanno succhiato poco sangue; ma se le allontanate, ne verranno altre, affamate, che prosciugheranno tutto il sangue rimasto!". Anche per voi, quindi, cittadini di Samo, vale tale discorso: quest'uomo non vi farà alcun danno (infatti, è già ricco), ma se lo giustiziate, ne verranno altri senza quattrini, che, derubandovi del resto, vi manderanno in rovina". 

 

(Christian Stocchi, Dizionario della fovola antica, Bur-Rizzoli, 2012)

25-12-2013 | 00:52