Amato da Liszt e Wagner

Il principio di autorità, secondo il quale si riconoscono appunto solo poche e indiscutibili autorità, fa relegare molti autori cosiddetti “minori” in un recesso triste e patetico di “secondarietà”. Nelle cerchie artistiche si vede spesso questo carattere di intoccabilità dei supposti “mostri sacri”, versioni moderne di un vecchio – forse inestinguibile – modo di pensare che si deve nutrire di miti e certezze incrollabili. Le vittime di questa mentalità sono proprio gli autori minori, che finendo inevitabilmente fuori dal “canone” finiscono pure nel dimenticatoio, o in un più triste angolo di disprezzo. Molti grandi autori hanno subito questo trattamento prima di essere “riesumati” – probabilmente ne è l’esempio massimo Caravaggio – o non hanno addirittura mai avuto la fortuna di essere portati nello spazio che forse meriterebbero.

Camille Saint-Saëns probabilmente non ha la stessa rilevanza degli altri compositori ottocenteschi, ma ha subito un trattamento abbastanza duro, e a quanto pare il tempo non sta esercitando molta clemenza sulla sua memoria. In vita, nonostante il successo ottenuto e l’apprezzamento di grandi maestri come Liszt e Wagner, non è mai riuscito ad avere una grande approvazione ed è stato spesso disprezzato sia dai francesi come filo-tedesco che dai tedeschi come personaggio ostile. Anche ora non sembra godere di grande fama, accusato a volte di eccessivo tradizionalismo oppure semplicemente visto come un autore secondario da non approfondire. Eppure viene spesso messa in scena la sua Sansone e Dalila e dal suo Carnevale degli animali sono stati estrapolati pezzi diventati celeberrimi come L’elefante, Acquario, Il cigno, e il Finale (andate pure ad ascoltarli su youtube, tanto per fare un dispetto a coloro che lo ritengono un mezzo di fronte al quale bisogna rechigner). Il Carnevale degli animali è una simpatica ma al tempo stesso misteriosa suite musicale, sviluppata su fantasiose figure di animali tre le quali Saint-Saëns si è divertito a inserire i Pianisti, impegnati a esercitarsi sulle scale, sbagliando e stonando (a tal proposito qualche arguto commentatore di youtube ha rimproverato agli esecutori del brano di aver sbagliato, non capendo che si tratta di una burla del compositore stesso).

Saint-Saëns era un eccellente pianista e un indiscusso talento musicale che a cinque anni era già in grado di suonare bene e a sette sapeva già comporre ed eseguiva bene alcuni lavori di Mozart.

Medico e scienziato impegnato su più fronti, utilizzava la sua intelligenza per diversi scopi. Scrisse pure poesie e trattò nei suoi scritti diversi argomenti scientifici, autobiografici o riguardanti ovviamente la musica. Quasi non toccato dalla traduzione in lingua italiana, il suo corpus di scritti, come si suol dire, “offre spunti interessanti”. Una sottile aura di fascino copre il suo Problèmes et Mysteres – che a quanto pare si trova solo in lingua originale – scritto nel 1894, anno in cui la Francia era coinvolta molto di più nei cattivi rapporti con la Germania e nell’antisemitismo dilagante che aveva condotto alla famigerata condanna di Dreyfus (che a quanto pare fu difeso anche da Saint-Saëns), verso la quale qualche anno più tardi si sarebbe levato l’ormai proverbiale J’Accuse…! di Zola.

Lo scritto di Saint-Saëns si potrebbe riassumere come una breve summa filosofica e un proposito per il futuro, nato da un pensiero scientifico positivo e umanistico che anticipa alcuni temi dell’esistenzialismo (in particolar modo di quello sartriano).

La visione del Monte Bianco illuminato da un’improvvisa apertura circolare che si forma tra le nuvole dona lo spunto per la riflessione sullo spirito e sulla materia: […] e di colpo compresi la bellezza suprema della materia inorganica. È inutile cercare la “ragion d’essere” dell’universo ma possiamo intuirla tramite il nostro senso più delicato: il senso estetico. Questo ci porta in una dimensione superiore in cui […] si prova come una felicità immensa, sovraumana. La materia e lo spirito, influenzandosi e interagendo continuamente tra di loro appartengono in realtà a un unico ordine di fatti, non a due ordini differenti, dunque non esistono nel senso che noi attribuiamo a loro, ma esiste soltanto un ordine di fatti che noi non conosciamo ancora. La sostanza dell’universo è dunque il mistero, il problema che forse la sola conoscenza può risolvere. Conoscitore di Lucrezio, Saint-Saëns giunge a un’analoga condanna della religione, pur mantenendosi strettamente vicino ai precetti originari del cristianesimo, agli ideali di condivisione e di pietà, in parte traditi – a quanto pare – dall’istituzione ecclesiastica. Le nuove fondamenta del mondo devono essere costituite dalla conoscenza e dal passato dell’essere umano. E accanto al “bene” ci sarà il “bello” a cui si arriverà attraverso l’arte che è il più grande mistero: […] Chi dirà perché un capolavoro differisce a tal punto da un’opera ordinaria, perché c’è un abisso tra un braccio disegnato da Raffaello e lo stesso braccio disegnato da un qualsiasi artista abile? Nessuno lo sa. Bisognerà cecare questo “perché” nell’infinito. Ma c’è un freno a questa ricerca ed è la condanna della conoscenza, della scienza e dell’arte da parte di una radicata cultura che vede solo il lato pratico della vita e fa ricadere la curiosità infantile verso interessi conformistici. Per Saint-Saëns bisogna partire proprio da quello stimolo infantile, che è la vera curiositas dei romani, cioè il bisogno di conoscenza,  – non la curiosità semplice, che per Heidegger non è altro che una distrazione, un’incapacità di soffermarsi e approfondire i fenomeni, e che fa parte dell’inautentico, delle “chiacchiere” –.

Lo “scopo” è l’essere umano stesso, che come il fiore ha in sé quella che sarà la vita futura e al tempo stesso è il risultato della vita passata. Nulla ha uno scopo in natura perché il senso stesso è proprio questo perpetuo circolo vizioso. Siamo spinti da una forza atavica che insieme alla fede e al libero pensiero ridimensiona la ragione e la inquadra nel suo vero ruolo, cioè un timone che guida la nave, il mezzo con cui tentiamo di mantenere la rotta.

Saint-Saëns si muove come la sua Danza macabra e attira il sospetto o muove una certa repulsione nei suoi confronti da parte di chi lo relega tra gli autori secondari. Ma questo non ci interessa: quel che ci preme, se nella musica ricerchiamo qualcosa di più profondo, è trovare quella Voce antica che si annida nei boschi sempre più lontani della grande musica, di una certa poesia e un certo teatro, e che di certo non disdegna i rami degli autori minori.

 

 

11-02-2016 | 13:39