Pietro tu sei (comunque) pietra

È la colonna portante di una comunità che oggi conta un miliardo e 200 milioni di persone, il 17% della popolazione mondiale. Dopo di lui, in una successione ininterrotta di 20 secoli, si sono succeduti 266 eredi diretti. È stato il primo custode di una comunità che ha segnato ogni forma di sapere, arte, cultura che sia sbocciata in occidente dal tempo di Cesare a oggi. Si chiamava Simone, era analfabeta e faceva il pescatore.

Secondo le logiche umane, per ricoprire un ruolo tanto ambito, Pietro non era il candidato ideale. Anzi. La storia di Simone, detto Pietro, nasconde molte sorprese sulle qualità e sulla vita dell’uomo su cui Dio ha voluto fondare la sua Chiesa. I quattro Vangeli, i libri che per antonomasia avrebbero dovuto dare fondamento alla Chiesa e al suo primo Vicario, dipingono Pietro come il meno adatto a fare il Papa. Ce lo raccontano come il più vecchio dei dodici, incostante, irruento, spesso inopportuno, non sempre sincero e analfabeta. Eppure Dio ha scelto lui.

Stando ai Vangeli Pietro è definito il Principe degli Apostoli, ma tra i dodici è sempre quello che parla non sempre a proposito: sul monte durante la Trasfigurazione dice a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia» e l’evangelista impietoso aggiunge: «Non sapeva infatti cosa dire» (Mc 9,6). Quando vede il Figlio di Dio camminare sulle acque ci prova anche lui. Se non fosse stato per l’intervento di Cristo sarebbe morto affogato (Mt 14,28). Molto spesso è acuto ma troppo avventato: è Pietro a riconoscere per primo la divinità di Cristo ma quando questo si mette ad annunciare la sua passione e la sua morte Pietro che fa? «Lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo» (Mc 8,33).

Ancora: quando Gesù parla della sua morte imminente e necessaria Pietro giura e spergiura che non lo tradirà mai, anzi, anche «se dovessi morire con te non ti rinnegherò» (Mc14,31) «Signore con te sono pronto ad andare in prigione e alla morte» (Lc 22,33) gli dice. Sappiamo tutti cosa succede al canto del gallo. Nell’orto degli ulivi, quando Cristo si consegna ai suoi aguzzini non perde l’occasione per farsi riconoscere: «Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori, colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l'orecchio destro» (Gv 18,10).

Gesù viene ucciso e Pietro cede subito al dubbio e allo smarrimento. Racconta il vangelo di Giovanni (Gv 21) che dopo la crocifissione è il primo a tornare a casa sua, sul lago di Tiberiade, a pescare. Anche alla fine, secondo la leggenda, arrivato a Roma, Pietro si accorge che molti vogliono la sua pelle. Come reagisce? Scappa sull’Appia, dove incontra Gesù che invece cammina in direzione opposta. Gli chiede «Signore dove vai? », «A Roma a farmi crocifiggere al posto tuo» gli risponde.

Insomma, per come ce lo raccontano i testi, Pietro sembra davvero essere il meno adatto di tutti. Eppure Cristo lo investe di un compito che farebbe tremare anche i più ambiziosi: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli» (Mt 16, 16-20).

A questo punto il colpo di scena: con la Pentecoste, Simon Pietro e gli altri apostoli, ricevono lo Spirito Santo e anche per Pietro le cose cambiano. Se prima aveva rinnegato Cristo, ora diventa coraggioso nel testimoniare la fede (At 4, 1-22);  anche se non era erudito e colto, ora predica e converte migliaia di persone in un solo giorno (At 2,37-41); se prima scongiurava la Passione di Gesù, ora nel suo nome compie miracoli tanto che «portavano gli ammalati persino nelle piazze, ponendoli su lettucci e barelle, perché, quando Pietro passava, almeno la sua ombra coprisse qualcuno di loro» (At 5, 15). Simon Pietro è diventato un altro uomo, ma rimanendo sempre lo stesso. Grazie a Cristo.

06-01-2014 | 17:48