Le reazionarie più eleganti del mondo

Sullo sfondo di una Londra tetra e nebbiosa, degna della descrizione che Dickens ne fa in Bleak House: un gatto di dimensioni gargantuesche tiene fra le fauci insanguinate una donnina esanime che indossa una fascia tricolore, con i colori dell’Italia, si direbbe. E sopra c’è scritto: “The Cat and Mouse Act. Passed by the Liberal Government”.

La rappresentazione è un manifesto di protesta del Women’s Social and Political Union nei confronti del Prisoner's Temporary Discharge for Ill-Health Act, sarcasticamente ribattezzato Atto del gatto e del topo.

1913. Londra. Le suffragette insorgono con crescente violenza contro i tentennamenti del Governo che esita a concedere il diritto di voto alle donne. Le manifestazioni del WSPU mirano a dare la più grande visibilità al movimento, anche con gesti violenti di carattere pressoché eversivo.

La protesta femminista in Inghilterra era cominciata più di un decennio prima sotto tutt’altri auspici. Una delle prime suffragette era stata Millicent Fawcett, che aveva creduto fermamente nel potere del dialogo pacifico. Se una donna deve sottostare alle leggi, ha anche il diritto di prendere parte al processo che le genera, cercava di spiegare ai membri perplessi e diffidenti del Parlamento. Ma nonostante alcuni di loro avessero deciso di supportare la sua causa, i progressi eccessivamente lenti ottenuti con il suo metodo incentivarono il tentativo di accelerare i tempi.

Nel 1903 Emmeline Pankhurst fonda il WSPU, le cui azioni dimostrano sin da subito una maggiore “incisività”. Le ragioni sono dettate anche da contingenze politiche. Mentre in Australia da pochi anni è stato concesso il voto alle donne, con l’avvicinarsi delle elezioni in Inghilterra il partito liberale, che era stato fino ad allora il principale interlocutore della causa femminista, si allontana dalla tematica: se da una parte dare il diritto di voto alle donne scontenterebbe l’elettorato maschile, dall’altra il rischio è di favorire il partito conservatore, nelle cui casse affluirebbero con ogni probabilità i voti di molte donne.

A scendere in campo organizzando la prima azione ad elevata visibilità sono due ragazze. La prima, Christabel Pankhurst, figlia di Emmeline, proviene dall’alta borghesia e studia giurisprudenza all’università di Manchester. La seconda, Annie Kenney, è operaia in un cotonificio da quando era bambina, una bobina le ha intrappolato una mano e amputato un dito. Si è in piena campagna elettorale e un giovanissimo Winston Churchill sta tenendo il suo primo comizio. Quando viene dato al pubblico il permesso di fare domande al candidato, Annie si alza in piedi e chiede: “Se verrà eletto, farà in modo che anche le donne possano votare?”. Churchill non risponde e la polizia le allontana mentre gridano: “Risponda! Risponda alla domanda!”.

Christabel e Annie vengono portate in un carcere maschile di Manchester e recluse assieme ai criminali comuni. Viene offerta loro la possibilità di essere rilasciate pagando una piccola somma, ma rifiutano. L’impatto che può avere sulla società londinese la notizia che due ragazze ventenni (di cui una di elevata posizione sociale) sono state incarcerate come delinquenti induce il partito liberale a mobilitarsi subito. Se non si riesce a convincerle a farsi rilasciare i Liberali rischiano di passare per carnefici, e le due ragazze saranno le prime martiri di una rivoluzione che fino ad allora si era creduto di poter giostrare bonariamente. Churchill in persona si presenta alle porte del carcere di Strangeways per offrirsi di pagare la cauzione. È costretto a tornare a casa con le pive nel sacco.  

I Liberali vincono le elezioni e diventa chiaro che anche nel nuovo clima di pacificazione politica non c’è alcuna intenzione di discutere del suffragio femminile. Inizia una vera e propria guerriglia urbana che negli anni porta all’irrigidirsi delle posizioni di ambo le parti.

Nel 1907 un corteo di oltre tremila donne attraversa Londra, sotto un cielo uggioso che più inclemente non potrebbe essere. Le lady eleganti, con le loro toilette raffinate e i loro cappelli piumati affondano nel fango a fianco delle operaie accorse da tutto il paese. Fra di loro c’è anche May Billinghurst, suffragetta della prima ora che trascina la sedia a rotelle sulla quale è costretta da una paralisi, per cinque chilometri. La manifestazione viene ricordata come Mud March, la Marcia del Fango.

Le azioni dimostrative proseguono in un crescendo ostinato. Il picco di violenza delle dimostrazioni e di efferatezza delle reazioni viene raggiunto nel biennio 1912-1913. Davanti a un ufficio del Governo centinaia di donne si riuniscono per manifestare, lanciando sassi sulle vetrate. La polizia interviene picchiando ferocemente e a lungo le manifestanti, e portandone 124 in prigione. In un solo giorno le suffragette vandalizzano West End, Cockspur Street, Downing Street, Whitehall, Piccadilly, Bond Street e Oxford Street, per un totale di 270 edifici danneggiati e 220 arresti.

Una dopo l’altra tutte rifiutano di pagare la cauzione per essere rilasciate. Non paghe di dimostrare così la loro coerenza, molte cominciano a fare lo sciopero della fame in prigione, terrorizzando il Parlamento. Se imprigionarle turbava l’opinione pubblica, la prospettiva che potessero morire nel corso della protesta imponeva alle autorità di sedare la rivolta, prima che tutta la nazione insorgesse per fermare il massacro. Il primo provvedimento adottato per tamponare l’emergenza fu quanto di più lesivo si potesse immaginare. Numerose stampe dell’epoca mostrano il procedimento di alimentazione forzata che venne applicato coattivamente alle suffragette: mentre diversi secondini tengono intrappolata la paziente per impedirle di dibattersi, un medico le applica un sondino nasale e con un imbuto la nutre. Poteva altresì accadere che ciò ne causasse la morte, come è il caso della sorella minore di Emmeline Pankhurst.

La barbarie di questo trattamento trapela all’esterno delle prigioni scatenando una mobilitazione popolare perché venga vietato di violare i più basilari diritti di ogni essere umano, incluso quello, se vuole, di digiunare per difendere la sua libertà. Il Parlamento crede di potere aggirare l’ostacolo attraverso l’ipocrisia del Cat and Mouse Act, che prevede che le autorità possano tenere in ostaggio la protesta, giocando con la vita di quelle donne come un gatto con un topo. La disposizione, difatti, stabilisce che le prigioniere possono portare avanti lo sciopero, ma che una volta arrivate allo stremo delle forze devono essere rilasciate, per poi essere incarcerate nuovamente dopo essersi riprese.

Viene consegnato alla Pankhurst il documento che la rilascia, con l’ordine di venire a consegnarsi entro due settimane. Nonostante da giorni rifiuti il cibo e l’acqua trova la forza di stracciare l’atto: “Non ho alcuna intenzione di obbedire a questa legge scellerata” grida “mi rilasciate sapendo benissimo che non tornerò mai di mia volontà in una delle vostre prigioni!”.

In poco tempo le suffragette creano una rete di collaborazioni attraverso le quali le donne che venivano scarcerate scomparivano misteriosamente. Una delle artefici di questo sistema di solidarietà fu Georgina Brackenbury, una pittrice che aveva abbandonato la sua attività artistica per offrire sostegno alla causa femminista (era stata lei stessa in prigione diverse volte, assieme alla madre ottantenne). Possedeva una casa a Londra, che venne chiamata Mouse Castle dalle suffragette “in onore” del Cat and Mouse Act, dove le donne reduci dal carcere andavano a nascondersi sapendo di trovarvi anche un’infermeria per essere curate.

La guerra pose fine alle proteste delle suffragette, che misero da parte le proprie mozioni per supportare il Paese. Molte presero il posto degli uomini che partivano per il fronte nelle fabbriche e forse questo completò il processo di cambiamento della società inglese relativamente al suffragio femminile. Affratellati nella durezza del destino comune, uomini e donne infine si trovarono d’accordo e dal 1918 le donne sopra i 30 anni poterono votare.

Il potere bollò le suffragette come terroriste (cosa che come nota la storica Krista Kowman è un nonsenso perché i terroristi vogliono distruggere il sistema, le manifestanti chiedevano di farne parte), ma lo spirito più autentico della protesta, il suo impatto sulla società dell’epoca è distillato nell’esperienza della Marcia del Fango. L’anima del corteo, il suo significato agli occhi degli uomini assiepati ai bordi delle strade per guardare quelle donne sfilare nonostante il maltempo è tutto contenuto nel commento di una di loro: “Quello che abbiamo fatto doveva sembrare la cosa più ridicola del mondo. Ma mentre noi ci impegolavamo in mezzo al fango la folla ci ha guardate senza ridere, e questo ha tolto al nostro gesto ogni comicità”.

 

 

05-11-2014 | 17:19