Internet è la nuova nave dei folli?

Stefano Bonaga

Nel momento stesso in cui si inaugura la nuova “nave dei folli” che è la telematica, con lo stesso entusiasmo con cui si è inaugurato in varie epoche il viaggio verso il comunismo, e ogni volta con questo senso dell'epocalità inaugurale, vorrei introdurre qualcosa che somiglia alla dimensione del tragico e del dubbio. Dubbio che è elemento della tradizione occidentale: quando si inaugura si comincia a dubitare.

Una riflessione, anche spaventata, non può che evidenziare che l'accesso alla connessione – che certo sul piano istituzionale è un diritto – da un punto di vista ontologico può esser considerato una “potenza”. Potenza curiosamente in contraddizione con la penuria di possibilità di accesso che attualmente sono disponibili: uno strumento straordinariamente potente a fronte della penuria straordinariamente diffusa.

Si può tentare una prefigurazione che è inevitabile: è impressionante la prospettiva di una totale innovazione dell'informazione, che può diventare rumore assoluto, frastuono, caos. Per alcuni, forse, si può trasformare in una dimensione di assoluta realizzazione del principio di piacere e quindi un viaggio verso la paranoia.

Forse altri concetti servono, proprio adesso che l'entusiasmo è al massimo, per riportarci al tragico, al doppio, che è sempre presente anche dentro la democrazia. Qualcosa che assomiglia all'eterno ritorno, perché ritornerà l'impotenza, ritornerà l'impossibilità e dovremo cominciare a ripensare una democrazia all'interno della quale la rappresentatività è in crisi. In questo senso accetto la nozione di post-democrazia: post-democrazia perché una società complessa non sopporta la rappresentanza, non perché sia antica, ma perché non raffigura più nulla. Non c'è nulla da rappresentare, perché non ci sono le figure da descrivere, perché la mobilità è tale che nulla si può più descrivere e dunque rappresentare.

È quindi inevitabile un processo verso forme di democrazia diretta, o democrazia partecipata, dove la partecipazione va intesa come la costruzione immediata dell'unità produzione/consumo. Certo, molto più facile da capire all'interno della cultura dell'informazione, ma è praticabile anche altrove.

Si può prefigurare un'idea tragica della democrazia che ricostruisca finalmente l'unità classica dello ius, in cui a diritto corrisponda dovere, in cui a domanda corrisponda produzione, autoproduzione. Sono un ammiratore di parole come autovalorizzazione, di parole come autonomia.

C'è un “comunismo notturno” e un “comunismo diurno”, e solo quando ci siamo svegliati di giorno abbiamo capito che il comunismo notturno era un sogno. Tuttavia può comparire un comunismo diurno che sappia coniugare diritti e doveri, produzione e consumo. In modo non sistematico, ciò appartiene ancora al sogno del comunismo, che si manifesta in zone affrancate, in momenti reversibili.

Il piacere illuminato che si disloca sulla rete viene interrotto dalla necessità quotidiana del rapporto con il potere costituito, da cui difficilmente la rete ci salverà nei prossimi anni.

Il futuro è ricco di problemi che derivano dalla mutazione delle forme. Risolverli costerà un prezzo molto alto: sia per la creazione di un accesso libero alla democrazia, sia per la ricostruzione della forma possibile di una sinistra che è sempre più descrivibile topologicamente, piuttosto che dal punto di vista dei contenuti. Non ci sono colpe, ci sono impotenze. Probabilmente la sinistra è molto più diffusa, in luoghi e in forme difficili da trovare, ma anche difficili da mantenere.

Non credo che stiamo andando verso il nuovo mattino dell'informazione diffusa, perché non credo che l'informazione diffusa sia di per se stessa un nuovo mattino: da qualche parte, come una lucciola, farà apparire più luce di quanto non ci sia durante la notte. La democrazia va ripensata come qualcosa che non è una somma positiva di diritti, ma è un luogo tragico di ricostruzione, di rimescolamento dei rapporti.

Si deve andare al di là della rappresentanza: gli interessi si diano ragioni piuttosto che rappresentazioni, che ognuno sia responsabile e paghi il prezzo della propria forma. Si potrebbe così inaugurare una nuova stagione di diffusione democratica dell'informazione: con una riflessione che non ci faccia credere di andare verso l'America colombiana, ma probabilmente neanche di ritornare sulla Nave dei folli di Bosch

29-03-2015 | 22:56