Ho scelto oramai la vita che farò

Uno stereo Akai e una nonna piuttosto grossa, dai capelli bianchi raccolti a “chignon”, verso la fine degli anni settanta, hanno portato in dote una profondissima cultura musicale e cinematografica; salvo poi rendersi conto che Bruna, nonna vecchio stampo, prediligeva gli artisti che parlavano d’amore e, come condizione obbligatoria, dovevano anche essere piuttosto bellocci. Il suo preferito in assoluto era Julio Iglesias, il più grande seduttore del mondo.

Tra gli attori, nonna Bruna aveva un debole per Pol Piuma, libera traslitterazione, nella sua lingua dialettale reggiano-cremonese, dell’americano Paul Newman.

Gli piaceva inoltre, seppure troppo signorile e ossequioso rispetto ai suoi modi contadini, Devi Nive, idolo incontrastato dello star system hollywoodiano, David Niven (a cui è necessario copiare spudoratamente il modo di aprire lo Champagne).

Nonna Bruna, negli anni settanta, per via della sciatica e della periartrite, se ne stava in poltrona tutto il pomeriggio ad ascoltare i vinili comprati da suo figlio. Io ero l’addetto alla puntina: accensione, pulitura del disco con panno antistatico, cambio dal lato a lato b e audizione inconsapevole di sottofondo, mente si giocavano partite interminabili di calcio ai sinalcoli (per chi è troppo giovane, tappi corona usati dei succhi di frutta), sul tappeto della sala.

È così che si assorbivano grossi quantitativi di Charles Aznavour senza rendersene conto.

Si assumevano parole, inflessioni della voce e musica: i testi in italiano, in francese e in inglese e gli incisi più significativi da appiccicare a frasi qualsiasi: io sono un istrione ed ho scelto oramai la vita che farò, sento sfuggir dalle mie dita ogni appiglio della vita, come è triste Venezia soltanto un anno dopo se non si ama più.

Crescendo, nella sciocca fase dell’adolescenza e per quella di ragazzo si attraversavano poi tutte le fasi della stupidità con i conseguenti e necessari riverberi musicali: i cantautori italiani, che facevano molto sinistra, poi Rod Stewart e i Dire Straits, l’hard rock americano, l’heavy metal dei Black Sabbath e dei Rainbow di Ronny James Padavona, detto Dio, il dark, il gotico e, all’inizio degli anni 90, il Grunge dei Pearl Jam.

Ma ha sempre avuto e sempre avrà un luogo speciale  il piccolo Aznavourian, cantante di origine armena nato a Parigi il 22 maggio del 1924, icona, santo da pregare, talismano a cui rivolgersi nei momenti difficili per superarli, aggirandoli col gusto pieno della vita. Charles sta alla musica come il Domaine de la Romanée Conti sta al vino.

Stiamo parlando di 43 album pubblicati, 39 in studio, 3 live e una raccolta, interpretati in sei diverse lingue: francese, inglese, italiano, spagnolo, tedesco e russo.

Senza dimenticare le sue performance attoriali nel cinema, con parti in quasi 60 film, mica bruscoletti, c’è di mezzo anche Truffaut…

Charles ha quel fascino lì, dell’amatore d’antan che al primo appuntamento corteggia una donna con discrezione per tutta la notte, la accompagna davanti a casa, e la lascia andare con una frase ad effetto sussurrata, per poi andare a bere l’ultimissimo bicchiere al bancone di un bar, solo, con la sigaretta accesa, ripensando alla serata. Uno stratega della vita e dell’amore, un seduttore d’altri tempi che fa affidamento solo sul talento, l’intelligenza e le parole. Un bullo davvero, non come i “catturoni” di oggi che si vedono in televisione, palestrati; quei tronisti che non beccano un congiuntivo che è uno e che si vantano delle loro conquiste.

Charles, pur essendo alto un metro e sessanta (forse), ne ha fatte innamorare davvero di donne, con quegli occhi, quel suo incedere fiero e quella voce potente e austera, rigida nell’espressione ma morbida e avvolgente nella dizione.

A questo scampolo di estate 2017 che ancora abbiamo davanti, si renda a lui omaggio, con una delle sue canzoni più belle, nella versione italiana.

A Charles dedichiamo l’ultimissima. L’ultimissima bottiglia di Champagne di questa notte emiliana, calda e afosa.

Parigi in agosto 
è un incanto di più 
è tornato l'agosto torna presto anche tu.
Ogni strada è un romanzo
che abbiamo scritto noi
una storia qualunque
Tutta nostra lo sai.
Vorrei che il mio canto arrivasse da te e in un magico volo ti portasse da me
e per me ogni pietra un ricordo di te
è tornato l'agosto torna presto da me.
Devo dirti ti amo resta qui, qui con me
non so stare lontano
io, non ho che te.
Un’ombra solitaria silente se ne va
io cammino nel buio
nella grande città
nascosto tra la gente
non so cosa farò
e il mio cuore non sente
dove sei non lo so.
D'improvviso una luce
non mi sbaglio sei tu
è tornato l'agosto
e sei qui anche tu.

 

 

29-08-2017 | 09:58