Carmelo Bene in libreria

In questo numero parleremo di due libri dedicati a Carmelo Bene di recente pubblicazione.  

Il primo, scritto da Marco Sciotto ed edito dalla “Villaggio Maori Edizioni” di Catania, si intitola Un Carmelo Bene di meno. Discritture di Nostra Signora dei Turchi. Impreziosito da una prefazione di Luisa Viglietti, che fu l'ultima compagna di vita di Bene, questo libro si focalizza su uno dei pilastri sui quali poggia l'intero corpus carmelobeniano, quel Nostra Signora dei Turchi che rappresenta, nella cultura italiana del Novecento, una vera e propria anomalia dalle molteplici incarnazioni: nato come romanzo pubblicato per la prima volta nel 1966, e diventato successivamente uno spettacolo teatrale (con due versioni, la prima del 1966 la seconda del 1973) e un film (che nel 1968 vinse il Premio Speciale della Giuria alla Mostra del Cinema di Venezia), Nostra Signora dei Turchi è un'opera che sfugge a ogni tentativo di classificazione e "incasellamento", un'opera nella quale non vanno cercati un senso immediato e una storia raccontata, perché non vuole raccontare assolutamente nulla.

In Nostra Signora dei Turchi c'è l'aspirazione da parte del protagonista a «essere finalmente il più cretino» per riuscire così a passare dalla categoria dei cretini che non hanno visto la Madonna a quella dei cretini che invece la Madonna l'hanno vista eccome, perché «i cretini che vedono la Madonna hanno ali improvvise, sanno anche volare e riposare a terra come una piuma», mentre invece «i cretini che la Madonna non la vedono, non hanno le ali, negati al volo eppure volano lo stesso, e invece di posare ricadono come se un tale, avendo i piombi alle caviglie e volendo disfarsene, decide di tagliarsi i piedi e si trascina verso la salvezza, tra lo scherno dei guardiani».

In Nostra Signora dei Turchi c'è altresì la "fusione" tra la vicenda personale del protagonista e il ricordo della strage di cristiani perpetrata dai turchi di Maometto II a Otranto nel 1480 (vicenda personale e ricordo si fondono in modo così stretto da provocare l'annullamento dello scarto temporale tra passato e presente, che diventano un unico flusso di immagini e sensazioni), ci sono due frati - uno giovane l'altro più maturo - che discutono violentemente in una cucina inverosimilmente sporca («Da tempo ormai, faceva del suo orgoglio un frate, che sulle prime lo strapazzava, e poi, umiliato, se ne tornava non sapeva dove. E poi, perché i frati cucinano bene»), e c'è addirittura una immaginaria Santa Margherita da Otranto innamorata del protagonista, che fuma e legge una rivista femminile stando ficcata sotto le coperte del letto del suo amato, e che ha addirittura fermato una tempesta per fargli prendere un po' d'aria.  Pura, meravigliosa e incomunicativa eresia in forma d'arte.

Per Sciotto Nostra Signora dei Turchi costituisce un momento cardine del percorso artistico di Bene, quel percorso che - prendendo le mosse dall'odio iconoclastico che CB fin dai primissimi anni della sua carriera provava nei confronti della rappresentazione nell'arte, del ruolo consolatorio di quest'ultima e dell'identificazione tra teatro e spettacolo - giunse nel corso degli anni a esiti definitivi che hanno mostrato, forse per la prima volta in modo totale e compiuto, come sia possibile ottenere l’assenza in luogo della rappresentazione teatrale, passando per la dissoluzione del significato nel significante, della volontà nell’abbandono, e dell’azione nell’atto. Nel suo libro Sciotto analizza le differenti incarnazioni di Nostra Signora dei Turchi (concentrandosi soprattutto sul romanzo e sul film), esaminando il modo in cui i mezzi espressivi di queste incarnazioni subiscono una trasformazione radicale al contatto con un materiale artistico così particolare, una sorta di rivoluzione interna che li porta quasi a diventare buchi neri del significato.

Il secondo libro si intitola L'ultimo trovatore. Le opere letterarie di Carmelo Bene. Scritto da Simone Giorgino e pubblicato dalla casa editrice “Milella” di Lecce, questo volume analizza criticamente, per la prima volta in uno studio monografico, le opere letterarie di Carmelo Bene.

Il libro di Giorgino si divide in tre parti: nella prima si è voluto ricostruire, attraverso un’analisi intertestuale, la "biblioteca ideale" dell’autore, mettendo in luce un complesso meccanismo di influenze che ne hanno determinato la formazione culturale e letteraria; nella seconda si è scelto di studiare, fra le opere narrative di Bene, soltanto quelle espressamente licenziate dall’autore come "romanzo" o "racconto", perciò il campo d'indagine - ferma restando la costante attenzione dedicata all’intero corpus dell’opera di Bene, caratterizzata da una perseguita contaminazione di generi letterari differenti - è stato circoscritto al romanzo Nostra Signora dei Turchi, al "quasi un racconto" Credito Italiano V.E.R.D.I. (1967) e al racconto Lorenzaccio (1986); nella terza e ultima parte, dopo una sintetica riflessione sui rapporti fra scrittura e voce - indispensabile per cogliere gli aspetti più originali e peculiari di un artista che, proprio per rimarcare la straordinaria attenzione riservata ai caratteri sovrasegmentali della comunicazione, si è voluto presentare come "l’ultimo trovatore" - si sono passate in rassegna le opere poetiche che Bene pubblicò in vita, cioè Pentesilea. Ovvero della vulnerabile invulnerabilità e necrofilia in Achille (1994) e ‘l mal de’ fiori (2000). Il libro si conclude con la presentazione del poema inedito Leggenda, composto da Bene nel 2001.

 

 

12-12-2014 | 13:40