Cappuccetto Rosso deve morire /21

20.30

La morte di Marinaro sotto il suo naso, la sensazione di incongruità che gli era venuta mentre era da Antico e l’imbarazzo per quelle parole adolescenziali snocciolate a Roberta Giano, gli avevano in qualche misura guastato l’umore.

L’Ispettore e Labile gli avevano chiesto se c’era qualcosa che non andava, ma aveva fatto del suo meglio per attribuire quello stato d’insoddisfazione e disagio al caldo e alle difficoltà della giornata. Poi avevano cominciato a cenare e l’umore gli era significativamente migliorato, anche perché in quel momento poteva riepilogare tutte le tracce che fino a quel momento aveva raccolto:

«Chi è Marco Lagri? Un manager della Deltamed che, probabilmente per ragioni economiche, decide di passare alla Ph.Arma. Le condizioni di questo passaggio non le conosciamo. Rimane il fatto che questa persona, descritta da quasi tutti come un – per usare un eufemismo – professionista nel curare la propria immagine, viene uccisa o rimane vittima di un incidente nella notte fra il dodici e il tredici giugno. Il suo corpo viene trovato da una donna delle pulizie ieri mattina alle dieci, ha la testa rotta e una confezione di barbiturici di fianco. Le cose potrebbero essere andate in vari modi: per esempio potrebbe essersi avvelenato e poi, alzatosi per qualche motivo (forse addirittura per chiedere aiuto, essendosi pentito del suo gesto), ha perso i sensi e cadendo ha sbattuto la testa, ma questo non spiega il caos nella stanza. Oppure la testa gli è stata rotta e poi per un qualche motivo l’assassino lo ha ingozzato di pillole o semplicemente le ha fatte sparire per sviarci, ma questo lo appurerà l’autopsia. La sera del tredici giugno qualcuno irrompe sulla scena del crimine, ma senza portare via nulla, almeno in apparenza. A quel punto, perquisendo meglio la stanza, ho trovato dello scotch disposto simmetricamente sotto al mobiletto della televisione e un calzino appuntato con una spilla da balia fra le tende. Al momento non sappiamo quale fosse il loro uso».

«Possiamo immaginare che nascondesse qualcosa» ipotizzò l’Ispettore.

«Oppure» incalzò Labile «che qualcuno lo spiasse: magari il calzino era un modo rudimentale e improvvisato per tenere nella sua camera un registratore o qualcosa del genere. Idem per lo scotch».

«Il fatto è che entrambe queste idee, e molte altre, potrebbero essere giuste. Certo, trattandosi di un manager, posso pensare che fosse al centro di un caso di spionaggio industriale, ma al contempo non posso escludere che avesse nascosto qualcosa» concluse il Commissario. «Ma andiamo avanti. La morte di Lagri potrebbe perfino non turbarci particolarmente se solo non fosse che oggi il dottor Aulo Gellio Marinaro è stato trovato morto. Cioè, in meno di ventiquattro ore c’è stata un’altra morte ambigua: trovato strozzato con la corda dell’accappatoio alla maniglia della porta del bagno con un sacchetto in testa. Suicidi come questo ci sono già stati, ma al contempo è un caso troppo assurdo che due suicidi così abbiano avuto luogo in poco più di ventiquattro ore nello stesso posto. Per cui, almeno fino ai risultati delle analisi, l’idea fondamentale è che entrambi siano stati uccisi. Forse dalla stessa persona e forse per lo stesso motivo».

«Che, però, purtroppo, non conosciamo».

«Esatto» rispose il Commissario all’Ispettore. «Consideriamo ora» continuò «la sacca col denaro. Mario Antico dice che ha perso a poker con Marinaro...».

«Ma non è possibile!» interruppe Labile.

«Perché?».

«Perché, caro Ispettore, Marinaro si faceva vanto di non aver mai fatto una partita a carte. Ieri sera l’avevo invitato a giocare con noi e lui me l’aveva ripetuto».

«Lei sta confermando il mio sospetto che quella del poker sia solo una balla» concordò il Commissario.

Rimasero un po’ in silenzio, con le forchette che pendevano dai bordi dei piatti ancora pieni per buona parte. Poi ripresero a parlare di Lagri:

«In realtà, anche se la persona entrata ha creato disordine, noi non lo potremmo sapere, perché tutta la camera era sottosopra» spiegò il Commissario. «Il punto» aggiunse «è che non sappiamo perché è andato da Lagri. Immaginiamo che non sapesse dove, ma cosa cercare: significherebbe che qualcuno aveva un conto in sospeso con Lagri, un passaggio di qualcosa. Se invece avesse saputo dove cercare, ma non cosa saremmo davanti a una persona che è andata sostanzialmente a casaccio, che non aveva un conto in sospeso con Lagri ma semplicemente approfittava di una situazione: magari aveva origliato una conversazione e aveva saputo che Lagri teneva non si sa bene cosa in un certo punto preciso della sua stanza. E qui veniamo al pezzo forte: se sapeva dove ma non cosa, potrebbe anche aver commesso un errore».

«Quale?».

«Entra nella camera di Lagri, sperando che nel nascondiglio di cui ha origliato ci sia una cosa X che gli interessa e che presume possa essere in possesso di Lagri. Questi lo sorprende, l’uomo lo uccide e per confondere le tracce gioca coi barbiturici. Sa dove cercare e prende ciò che trova, ma presto si rende conto che ciò che trova non è ciò che gli interessa. Allora tenta il tutto per tutto e rientra nella camera, ma non sappiamo se ha trovato quello che cercava. La prima volta sicuramente non l’ha trovato, sennò non sarebbe ritornato. La seconda volta?».

«Dottore, tutto questo, però, non vale più se è un suicidio. Anche se non ha senso un’effrazione come questa nel caso di un suicidio».

«A meno che Lagri non avesse qualcosa di compromettente su qualcuno, che poi è andato a riprendersela, non vedo altre soluzioni».

Non parlarono più per un po’. Il Commissario si diceva che, se pure Lagri si era ammazzato, l’effrazione sulla scena del delitto e la morte di Marinaro davano a tutta quella storia l’aria di essere diventata una storia dell’orrore.

Iniziava anche a prendersela con se stesso: se la sciatta investigazione che aveva condotto fino a quel momento fosse stata più puntuale, forse, Marinaro sarebbe rimasto vivo. E, ora che ci ripensava, avrebbe anche dovuto subito chiedersi che cosa scriveva Marinaro su quel bigliettino, la prima sera, vicino alla piscina.

 

Parlarono ancora un poco, ma fondamentalmente furono ipotesi peregrine, sbadate, senza davvero un fondamento logico solido: solo ipotesi, intercambiabili per giunta, ognuna avrebbe potuto sostituire l’altra senza nessun problema. Tuttavia non fu inutile parlarsi, perché, se non altro, adesso il Commissario aveva ben chiara in mente una cosa fondamentale: chiunque aveva agito era un esibizionista, che aveva ucciso in modo complicato, anche se non sembrava, e involontariamente aveva posto in essere una serie di meccanismi che attirassero l’attenzione. Doveva quindi essere un narcisista, un esibizionista con qualche mania di onnipotenza: un medico o un manager?

15-06-2015 | 01:45