Buon compleanno bella e fragile Marilyn

In questi giorni prima del suo compleanno, nei ritagli di tempo mi sono scaldato il cuore riguardandomi quasi tutti i film di Marilyn Monroe. Con commozione e grande ammirazione. Nella mia infanzia e adolescenza era l’attrice che più veneravo. Non solo perché era quella bella cosa fragile, bianca, rosa e platino, la sex-symbol che l’industria dello spettacolo così vendeva. Adoravo, e adoro, il suo straordinario talento di attrice comica. Un senso straordinario del ritmo nel dialogo comico, che spesso, nel Principe e la ballerina, arriva a mettere in imbarazzo quel supremo attore che era Lawrence Olivier.

Nella lunga intervista concessa, metà in tedesco metà in inglese, da Billy Wilder a Volker Schlöndorf, straordinario documento su quel tanto di cultura vienno-berlinese che ha fatto il grande cinema comico americano, Wilder fa un ritratto affettuoso e ammirato della Monroe. «Era a natural», dice. L’aggettivo sostantivato ha in inglese un duplice significato: «talento naturale», da un lato, ma anche anima semplice fino alla stolidità. Poi, spiega: «La tragedia con lei era la sua inaffidabilità. Un giorno arrivava e sapeva anche 20 pagine di sceneggiatura. Bastava che le dicessi vai. E partiva, tutto era perfetto: gesti, intonazioni, sguardi, ritmo. Perfetto! Una grandissima attrice. Poi, a volte, non funzionava affatto. Ricordo la semplice scena in cui lei in A qualcuno piace caldo doveva entrare in camera, frugare nei cassetti di un comò e dire: “Dov’è il bourbon?” Dovetti fare 84 takes. Non le veniva affatto. Ricordo che in ogni cassetto che apriva le avevo messo degli enormi cartelli con scritto a caratteri cubitali – era miope – “Dov’è il bourbon?” Non saprei dire perché era così, la adoravo. Non ho mai voluto entrare nella sua vita privata». Tutto questo detto da Wilder con tenera delicatezza e con l’adorabile accento vienno-americano di uno dei suoi parodici psicanalisti, quelli che lui odia proprio perché intrudono con rozza aggressione nella vita privata delle persone.

A natural, che sapeva assumere su di sé la maschera di oca sexy creatale dagli sceneggiatori e stravolgerla in femminilissima tenerezza e fragilità. Si riguardi in Come sposare un milionario – e se possibile lo si riguardi in originale per sentire la vera voce, soffio leggero animato da un vibrato d’ancia quasi patetico, e non la voce da cretina che le dà il doppiaggio italiano – la scena in cui il padre del milionario le dice: «Mi avevano detto che lei era scema». E lei ribatte, con perfetto ritmo comico: «Oh, so anche essere intelligente... quando serve!». Riempiva di luce lo schermo, e comunicava quel che dice un epitaffio di François de Malherbes: «Perché lei era del mondo, dove le più belle cose / Hanno il peggior destino / E Rosa ha vissuto quel che vivon le rose / Lo spazio d’un mattino». Lo dedico a te, Marilyn, mia donna del millennio.

 

 

 

 

01-06-2014 | 13:12