Attenti all'House of Cards

“House of Cards” è arrivata in Italia con lo stesso titolo, seguito però da una piccola didascalia: “Gli intrighi del potere”. È possibile, infatti, che qualcuno non riesca a percepire immediatamente l’immagine di un castello di carte, dell’abilità che ci voglia per portarlo avanti evitando che crolli. Se niente è stato perso nella traduzione, qualcosa si smarrisce nella fruizione.

“House of Cards” è un prodotto originale di “Netflix”, una internet-tv multifunzionale a pagamento, che forte di più di trenta milioni di iscritti, ha chiaro lo stile di vita dei suoi membri. Uno dei progetti che questa piattaforma digitale persegue è quello di realizzare la stagione completa di alcune serie e darle in pasto in un solo, grosso e soddisfacentissimo boccone ai suoi abbonati. È il caso di usare “dare in pasto” perché un nuovo profilo di famelici spettatori pratica il “bidge viewing” (niente di perverso, sebbene un tantino maniacale). Molti degli appassionati di fiction si inebriano in una visione smodata degli episodi: godono nel guardare una puntata dopo l’altra della serie prescelta, coordinando i tempi e i luoghi di riproduzione secondo le loro preferenze. Netflix li ha liberati dalla dipendenza di un palinsesto, lasciandoli nell’attesa che arrivi uno specifico giorno del calendario. Dell’Epifania.

Netflix rese disponibili le tredici puntate iniziali di “House of Cards” il primo febbraio 2013: suddivise e chiamate “chapters”, si possono gestire come i capitoli di un libro. La storia nasce da una trilogia di romanzi pubblicata nei primi anni novanta. Scritti per mano di Michael Dobbs, un ex parlamentare britannico che molto aveva da dire sui giochi di potere tra i partiti. La BBC (British Broadcasting Corporation, idealmente la nostra Rai) contemporaneamente ne adattò una parte, mettendone in onda una miniserie.

Vent’anni dopo, David Fincher e Kevin Spacey, realizzano la versione americana di “House of Cards” co-producendone la prima stagione: Francis Urquhart si trasforma in Francis Underwood. Fincher ha diretto Spacey nei primi due, impeccabili, episodi della serie, ritrovando l’attore che impersonò l’orribile “John Doe” nel suo “Seven” del 1995. Spacey si cimenta ancora una volta con la parte di un bieco personaggio, genere di interpretazione che gli valse un Oscar come attore non protagonista nel 1996 per “I Soliti Sospetti”.

Kevin Spacey iniziò la sua carriera da artista in teatro e vi è recentemente tornato con una straordinaria interpretazione di “Riccardo III” diretta da Sam Mendes (con cui fece “American Beauty” e vinse un altro Oscar). Oggi, in “House of Cards”, elegante e attempato, è Francis Underwood. Spietato e impassibile deputato alla Casa Bianca, recita nuovamente una figura dall’animo altamente immorale. Chiamato “Frank” dai conniventi, per cognome da chi può esserne un elettore, “Francis” dalla cinica moglie (interpretata da Robin Wright ex Penn), incanta lo spettatore dalla prima puntata seminando un appassionante interesse per la sua storia.

Anche a chi non importi assolutamente niente delle dinamiche che potrebbero verificarsi all’interno del Campidoglio (che siano nel mitico Studio Ovale o in un altro dei centri nevralgici del governo degli Stati Uniti, come l’FBI), ad un certo punto verrà voglia di dare un’occhiata sui motori di ricerca di viaggi e controllare quanto costi un biglietto per Washington. Ultimamente, per un ironico bisogno di rassicurazione, le produzioni di serie oltreoceano tendono a presentare personaggi negativi come seducenti e amabili protagonisti. Anche in Italia ne realizziamo. Iniziano adesso a funzionare, perchè il cattivo a casa propria spaventa.

Chissà se qualcosa, come una vecchia e classica pallottola, potrà fermare l’universale ascesa di Underwood. E chissà se, oramai vittime del suo fascino, non vorremo avvertire Frank di dove sia il tiratore.

Una precisazione per chi verrà divorato da questa serie: se digiterete “Washington” come destinazione, assicurarsi che sia “D.C.”, altrimenti non si atterrerà in un “Distric of Columbia” ma nello Utah e difficilmente si potranno trovare costolette con una salsa BBQ simile a quella che Freddie serve al nostro Congressman.

16-04-2014 | 17:10